La Corte di Cassazione con la sentenza n. 27129/19, pubblicata lo scorso 23 ottobre ha stabilito che il promittente venditore non paga l'Irpef sulla caparra penitenziale relativa alla mancata conclusione del contratto di compravendita.
Secondo la Corte la somma incamerata dal primo costituisce soltanto il corrispettivo per l'esercizio del diritto di recesso da parte del secondo e la caparra penitenziale, non può essere considerata provento conseguito in sostituzione di reddito, perché l'istituto disciplinato dall'articolo 1386 c.c. differisce sul piano testuale e sistematico dalla clausola penale (articolo 1382 c.c. ) e dalla caparra confirmatoria (articolo 1385 c.c.).
Com'è noto infatti, la caparra penitenziale non ha funzione risarcitoria e non sostituisce alcun reddito perduto del quale condividere la natura ex art. 6, secondo comma del Tuir che stabilisce che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, costituiscono redditi della stessa natura di quelli perduti, (principio valevole anche per i risarcimenti di danni che consistono nella perdita di redditi).
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