VOLUNTARY DISCLOSURE: L'INTERPOSIZIONE MERAMENTE FITTIZIA NON CONTA
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
VOLUNTARY DISCLOSURE: L'INTERPOSIZIONE MERAMENTE FITTIZIA NON CONTA

VOLUNTARY DISCLOSURE: L'INTERPOSIZIONE MERAMENTE FITTIZIA NON CONTA

08 MAG 2015
In un recente convegno tenutosi nella mia città ho sentito che se le attività finanziarie estere sono localizzate in un Paese ex black list (si trattava di RSM), mediante soggetto fittiziamente e meramente interposto, (Mauritius, Bermuda, Bahamas, Panama, … ), che non abbia sottoscritto accordi di collaborazione con il nostro paese le annualità da assoggettare a tassazione sono soggette al raddoppio dei termini per l’accertamento ed alle sanzioni previsti per i Paesi black list. Non potendo condividere tali affermazioni ho provato a replicare al relatore facendo rilevare che dette attività finanziarie avrebbero dovuto considerarsi detenute nella Repubblica di San Marino anche se intestate fittiziamente a un veicolo interposto residente in un paese black list. Ciò che avrei voluto far rilevare è che, in tal caso, vanno pagate le sanzioni in misura ridotta per il conto sammarinese anche se il conto è intestato a una società panamense. Al contrario, quando le attività sono localizzate in un Paese white list (Italia, Francia, …), ma sono fittiziamente intestate a un veicolo residente in un paese black list, al fine di individuare il luogo di detenzione delle stesse occorre fare riferimento al luogo in cui ha sede il veicolo stesso (quindi vi sarà il raddoppio di termini e le sanzioni previste per i Paesi black list).
Le mie considerazioni trovano conforto nella prassi dell’amministrazione finanziaria (Circolare 10/E) che confermando quanto già in precedenza affermato nei suoi documenti di prassi, forniti in occasione dello scudo fiscale”, ha affermato che in caso di attività detenute da un soggetto interposto, il paese di riferimento è quello dove sono localizzate le attività se esso è già (o meglio era) un paese black list, mentre è il paese black list in cui risiede il veicolo se quest’ultimo è stata fittiziamente interposto al solo fine di schermare il beneficiario italiano, con tutte le conseguenze in termini di raddoppio dei termini di accertamento e di sanzioni. La citata Circolare dell’Agenzia delle entrate afferma infatti che, se le attività finanziarie estere erano già detenute in un Paese black list (inclusi i Paesi che oggi hanno firmato accordi o Convenzioni come la Repubblica di San Marino), esse si considerano comunque detenute in tale paese anche se sia stata interposta una società localizzata in un altro stato black list.
La Circolare chiarisce infatti che nel caso di conti correnti detenuti in Svizzera (RSM) che sono stati intestati a società fittizie estere, al fine di evitare l’applicazione dell’euroritenuta, la localizzazione delle attività finanziarie in Svizzera, (a mio parere come in San Marino), paesi che allora non scambiavano informazioni, non si applicheranno i raddoppi dei termini né delle sanzioni, nonostante l’interposizione di paesi che l’accordo non l’hanno firmato.
Quando invece un immobile ubicato in Italia sia stato intestato fittiziamente a una società delle Bermuda, l’attività si considera lì (Bermuda) detenuta con la conseguenza che i periodi di accertamento da considerare vanno dal 2006 al 2013 per le violazioni relative alle imposte dirette e dal 2004 al 2013 per le violazioni relative al quadro RW.
Conseguentemente le sanzioni (infedele dichiarazione) saranno pari al 16,62% (o al 33,38% in caso di omessa dichiarazione) e all’1% per le violazioni relative al quadro RW. 
Per quanto concerne la questione dell’Euroritenuta, già oggetto di un precedente intervento su questo sito, ricordiamo che la recente circolare 9/E dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il credito di imposta (per le imposte pagate all’estero) debba essere riconosciuto solo in presenza di presentazione della dichiarazione dei redditi e quindi anche (dico io) mediante l’istituto del ravvedimento operoso lungo, affermazione dell’Agenzia che conferma (ancora una volta) il dispregio del principio di divieto di doppia imposizione contenuto nella direttiva comunitaria 2003/48/CE. 
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