VOLUNTARY DISCLOSURE: I VERI POTERI DEL FISCO E LE INFORMAZIONI BANCARIE
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
VOLUNTARY DISCLOSURE: I VERI POTERI DEL FISCO E LE  INFORMAZIONI BANCARIE

VOLUNTARY DISCLOSURE: I VERI POTERI DEL FISCO E LE INFORMAZIONI BANCARIE

26 APR 2015
La normativa sulla voluntary disclosure [1] è conseguenza del mutato contesto internazionale e trae origine dalla Raccomandazione OCSE del settembre 2010 nell'ambito della quale sono stati analizzati gli Offshore Voluntary Disclosure Programs previsti da trentanove Paesi.
La vera finalità della procedura è quella di far emergere il maggior numero possibile di contribuenti da assoggettare ad imposizione ed in tal senso hanno certamente anche contribuito:
(1)             le direttive sullo scambio di informazioni (direttiva 2011/16/UE) e sull’assistenza alla riscossione (direttiva 2010/24/UE);
(2)             la previsione di nuovi accordi internazionali in materia di scambio automatico di informazioni come il Common Reporting Standard (CRS) e Component Authority Agreement (CAA) dell’OCSE;
(3)             l’adozione da parte di Italia, Spagna, Regno Unito, Francia e Germania di adesione, a condizioni di reciprocità, dell’accordo FACTA sul modello statunitense;
(4)             l’introduzione da parte del Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) nelle proprie raccomandazioni della precisazione che anche i reati tributari, ovunque commessi, sono prodromici al riciclaggio;
(5)             la firma da parte dell’Italia di numerosi accordi bilaterali di scambio di informazioni con Paesi a fiscalità privilegiata, in linea con quanto statuito dall’art. 26 del Modello OCSE, alla luce del quale, a far data dalla sottoscrizione, gli Stati contraenti si scambieranno informazioni su richiesta, in assenza di opposizione del segreto bancario.
Ricordiamo che al momento, oltre alla Repubblica di San Marino, che è stata espunta dalla black list dei paesi non collaborativi dal 12.02.2014, hanno sottoscritto accordi di collaborazione con l’Italia, la Svizzera il 23.2.2015, il Liechtenstein                                      il 26.2.2015, il Principato di Monaco il 2.3.2015 e la Città del Vaticano il 01.04.2015.
Detti Stati hanno poi anche sottoscritto un collegato e più interessante accordo programmatico in relazione:
i)           alla futura adozione, dello scambio automatico di informazioni, in linea con quanto previsto dai nuovi standards internazionali OCSE;
ii)         alla possibilità per gli Stati contraenti di inoltrare all’altro Stato domande su gruppi di contribuenti che intendono dissimulare valori non dichiarati (non può trattarsi di fishing expeditions);
iii)       alla tassazione dei frontalieri, in virtù della quale la quota di imposizione spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonta al massimo al 70% del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte;
iv)        al miglioramento della cooperazione transfrontaliera e l’accesso ai mercati finanziari;
v)         alla modifica della Convenzione con la Svizzera per la riduzione delle aliquote dei dividendi e interessi, una modifica della disposizione contro gli abusi e l’introduzione di una clausola arbitrale;
vi)        alla ricerca di soluzioni programmatiche per singoli aspetti legati all’imposizione indiretta per il comune di Campione d’Italia.
In linea di principio si potrà quindi immaginare un primo periodo, con uno scambio di informazioni su richiesta e, solo a partire dal 2018, relativamente ai dati 2017, avremo un vero e proprio scambio automatico delle informazioni.[2]
Al principio va però aggiunta la pratica e cioè l’ulteriore possibilità prevista negli accordi sottoscritti di poter inoltrare richieste riferite a gruppi di contribuenti che intendano nascondere valori non dichiarati al Fisco.
Infatti se è vero che la richiesta per gruppi potrà essere effettuata, solo in ossequio alle prescrizioni OCSE, è altrettanto vero che detti accordi prevedono una più concreta ed incisiva penetrazione alle informazioni in relazione a quei comportamenti dei contribuenti che lascino presumere finalità evasive, ovvero nei casi in cui gli stessi contribuenti abbiano, interrotto i rapporti con le Istituzioni finanziarie oppure svuotato i conti correnti.
L’accordo prevede infatti che la richiesta di informazioni potrà essere avanzata per categorie di contribuenti ogni volta in cui gli stessi abbiano fornito risposte non veritiere, si siano rifiutati di rispondere, oppure allorquando la richiesta provenga da esplicite richieste avanzate dall’Amministrazione finanziaria.
Anche se le modalità descritte non ci sembrano in linea con le statuizioni internazionali che, come noto, vietano il c.d. fishing expedition,[3] in sede di valutazione di adesione alla procedura di collaborazione non potrà non essere effettuata una concreta valutazione sugli effettivi poteri del fisco che, alla luce di quanto sopra espresso, appaiono di fatto illimitati, dato che basterà formulare una domanda basata su una fattispecie di evasione fiscale, fondata sul solo sospetto che i propri cittadini contribuenti abbiano commesso un’infrazione fiscale, per ottenere qualunque tipo di informazione.

[1] Nell’ottobre 2014 l’Italia è stata tra i 51 Paesi firmatari dell’accordo per l’implementazione dello standard OCSE per lo scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard), cui hanno aderito 93 Stati, alcuni, inclusa l’Italia, con decorrenza programmata dal 2017, altri con decorrenza programmata dal 2018.
[2] La sottoscrizione risulta immediatamente produttiva di effetti. Non appena avverrà la ratifica del Protocollo, infatti, le autorità fiscali italiane potranno richiedere informazioni su elementi riconducibili al periodo decorrente dalla data della firma.
[3] Non possono essere inoltrate richieste di informazioni generalizzate su intere categorie di contribuenti, prive di un nesso chiaro con un’indagine o un accertamento e che nella sostanza si riducono ad una finalità esplorativa piuttosto che ispettiva.

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