VD: REDDDITI DI CAPITALE FORFAIT O ANALITICA ?
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
VD: REDDDITI DI CAPITALE FORFAIT O ANALITICA ?

VD: REDDDITI DI CAPITALE FORFAIT O ANALITICA ?

24 AGO 2015
Come noto i contribuenti che intendono aderire alla procedura di COLLABORAZIONE VOLONTARIA debbono autodenunciarsi fornendo in maniera spontanea, veritiera e completa una ricostruzione dettagliata dei redditi sottratti a tassazione, dando cioè conto, per tutti i periodi d’imposta accertabili, degli elementi del patrimonio detenuto all’estero per la individuazione della rilevanza reddituale
Le imposte su questi redditi sono dunque determinate tenendo conto delle regole impositive applicabili nei singoli anni oggetto di regolarizzazione e per quanto concerne il reddito di capitale, il legislatore ha concesso la possibilità di assoggettare a tassazione, (rectius: regolarizzare), detti redditi mediante il criterio analitico, oppure, (in presenza dei requisiti), richiedendo di quantificare gli imponibili ai sensi dell’articolo 5 quinquies, comma 8, del D.L. n. 167/1990 (forfait).
Nel primo caso (analitico) occorre avere l’esatta individuazione della categoria di appartenenza e della relativa tassazione, (imposte sostitutive, ritenuta a titolo di imposta o di acconto, Irpef ad aliquota progressiva) ed è difficile che le banche ed i clienti forniscano ai professionisti incaricati di effettuare la regolarizzazione, una dettagliata ed analitica ricostruzione dei redditi di capitale prodotti all’estero. Invero, e secondo certe indiscrezioni, nemmeno gli uffici “gradiscono” tale modalità di regolarizzazione in presenza dei requisiti per l’opzione del forfait.
Nella determinazione analitica del reddito di capitale insomma (interessi,  rendite,  dividendi ...), occorre riferirsi agli articoli da 44 a 48 del Tuir e per i redditi  diversi (plusvalenze azionarie o  obbligazionarie, ai  redditi e ai proventi derivanti da contratti derivati), agli artt. 67 e 68 del Testo Unico.
Ai fini della voluntary disclosure e della determinazione analitica dei redditi (e delle perdite) di natura finanziaria da regolarizzare, si deve però anche tener conto delle  specifiche regole prescritte per il regime della dichiarazione e cioè del contenuto dell’art. 5 del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, che rappresenta il regime di tassazione ordinario delle rendite finanziare.
Ricordiamo infatti che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni azionarie, vanno distinte a seconda che esse siano qualificate o non qualificate, in virtù del fatto che, per le prime (qualificate) è oggi prevista una concorrenza alla determinazione del reddito nella misura del 49,72% del loro  ammontare, (40% per i periodi precedenti al 2008, ovvero nella misura del 100% per le  azioni  emesse da società  residenti in paradisi fiscali), mentre per quelle non qualificate è oggi prevista la tassazione con l’applicazione dell’imposta sostitutiva nella misura del 26% (decorrente dal 2014, nella misura del 20% dal 2012 e nella misura del 12,5% per i periodi di imposta ante 2012 e con la solita eccezione per quelle emesse da società residenti in paradisi fiscali, le quali concorrono integralmente a tassazione). 
Le componenti negative di natura finanziaria (minusvalenze e/o perdite e/o differenziali negativi) generatesi negli anni oggetto di regolarizzazione, trovano invece la loro disciplina nel combinato disposto dell’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997 e dell’art. 68 del Tuir, ove è stabilito che:
1.            la tassazione dei redditi di capitale deve  avvenire  per  l’ammontare lordo a differenza dei  redditi  diversi  di  natura  finanziaria  che  sono tassati al netto  delle  spese  di  produzione  del  reddito,  nonché  delle eventuali minusvalenze o perdite realizzate;
2.            i redditi diversi di natura finanziaria non possono essere  compensati con quelli di capitale e che, in assenza di plusvalenze, le minusvalenze non possono essere portate in  deduzione  di  altri  redditi  che  concorrono  a formare il reddito complessivo del contribuente;
3.            l’eccedenza delle minusvalenze e delle  perdite  può  essere portata in deduzione dell’imposta dovuta nei successivi periodi di  imposta, ma  non  oltre  il  quarto,  purché  tale  eccedenza  sia  indicata nella dichiarazione dei redditi dell’anno in cui si sono  realizzate  le  relative minusvalenze.
Lo scomputo delle minusvalenze e delle perdite trova cioè un limite, nell’utilizzo in compensazione delle sole componenti positive  facenti  parte  del  medesimo comparto.
I  redditi  diversi vanno quindi distinti in due categorie:
•             Nella prima sono destinate a confluire soltanto plusvalenze e minusvalenze derivanti  dalla  cessione di partecipazioni qualificate di cui alla lettera c), comma 1,  del  previgente 67  del  Tuir. 
•             Nella seconda invece confluiscono le  plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis),  comma  1,  del  medesimo  articolo, nonché tutti gli altri redditi diversi elencati nelle successive lettere  da c-ter) a c-quinquies).
Nell’ambito di ciascuna categoria, qualora l’ammontare delle perdite o delle minusvalenze risulti superiore a quello delle plusvalenze o dei redditi realizzati nel medesimo periodo di imposta, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dai redditi  riscontrati  nella  medesima categoria dei successivi periodi di imposta, ma non  oltre il quarto, e a condizione che l’eccedenza stessa, così come previsto dal citato art. 68 del Tuir, sia esposta nella dichiarazione relativa al periodo di imposta di realizzo delle minusvalenze.
In altri termini, le minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate  non  possono  essere portate  in  deduzione  dalle  plusvalenze  derivanti  dalla cessione di partecipazioni non qualificate, nonché dai  redditi  derivanti  dagli  altri redditi diversi di natura finanziaria e  viceversa,  potendo  la  parte  non compensata essere riportata in  avanti  per i successivi quattro anni a scomputo dei redditi positivi del medesimo comparto da cui sono originate le minusvalenze.
Ovviamente e come al solito di questa possibilità, (il riporto delle perdite), si è dimenticato il frettoloso legislatore della VD e la poco imparziale Agenzia delle entrate (nei suoi documenti di prassi), lasciando il “fardello” della decisione sulle spalle del consulente che per non incorrere nel rischio di aprire un contraddittorio con l’Agenzia, vi rinuncerà con buona pace dei diritti del contribuente.   

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