Con l’
ordinanza n. 11917 del 6 maggio 2025, la
Corte di Cassazione ha ribadito un principio destinato ad avere un impatto rilevante sulla prassi dichiarativa delle imprese in contenzioso:
le sopravvenienze attive derivanti da decisioni giudiziali vanno dichiarate nell’esercizio di imposta in cui la sentenza è stata depositata, purché non ne sia stata sospesa l’efficacia esecutiva.
Il tema attiene all’
art. 109, comma 2, lett. a), del TUIR, secondo cui i componenti positivi di reddito si considerano di competenza nel periodo d’imposta in cui si verificano i requisiti di
certezza e obiettiva determinabilità.
La Corte distingue nettamente tra:
- la certezza del diritto di credito (ai fini reddituali), che si perfeziona con il deposito della sentenza;
- e la definitività del provvedimento, irrilevante ai fini dell’imputazione temporale, se non incide sulla concreta percezione o esigibilità del credito.
Rilevante anche il distinguo rispetto a
Cass. SS.UU. n. 23225/2016, che si riferiva alla compensazione giudiziale e non alla competenza fiscale.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato l’omessa dichiarazione di una sopravvenienza nel 2009 (anno di deposito della sentenza di appello favorevole), pur in assenza del passaggio in giudicato. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, riconoscendo che: il deposito della sentenza integra il requisito della
certa esistenza economica della posta attiva, salvo sospensione dell’efficacia.
Implicazioni operative:
- Il momento della competenza fiscale delle sopravvenienze da sentenza non può essere rinviato al passaggio in giudicato.
- La sospensione ex art. 283 c.p.c. può rappresentare l’unico elemento ostativo all’imputazione immediata.
- Eventuali modifiche derivanti da successivi gradi di giudizio determinano una sopravvenienza passiva di segno opposto.