SMENTITA L'AGENZIA DELLE ENTRATE, LA CANCELLAZIONE DELLA SOCIETA' E' PRIVA DI EFFETTI RETROATTIVI
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
SMENTITA L'AGENZIA DELLE ENTRATE, LA CANCELLAZIONE DELLA SOCIETA' E' PRIVA DI EFFETTI RETROATTIVI

SMENTITA L'AGENZIA DELLE ENTRATE, LA CANCELLAZIONE DELLA SOCIETA' E' PRIVA DI EFFETTI RETROATTIVI

2 APR 2015
La corte di Cassazione con la sentenza n. 6743 del 02.04.2015, dopo aver ripercorso l’evoluzione giurisprudenziale sulla cancellazione della società dal registro delle imprese e dopo aver richiamato i suoi precedenti specifici e cioè le sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010, ha rammentato che, per effetto della riforma societaria del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese, delle società di persone, ne comporta l’estinzione (efficacia dichiarativa) con la conseguente incapacità di agire.
La Suprema Corte ha poi rammentato che, per gli effetti di detta giurisprudenza, alla cancellazione della società ne consegue un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
a) l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
b) i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cassazione sezioni unite, n. 6070, n. 6071 e n. 6072 del 2013; ex pluribus, Cassazione n. 1677, n. 9110 e n. 12796 del 2012; n. 24955 del 2013).
I giudici hanno poi fatto constatare che, nella fattispecie a giudizio, l’impugnazione era stata proposta in data successiva al 1° gennaio 2004, sicché il Giudice di prime cure avrebbe dovuto rilevare (sin da allora) il difetto di capacità ad agire e, quindi, l’improponibilità del ricorso, in relazione al quale lo ius superveniens, costituito dal comma 4 dell’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, (entrato in vigore il 13 dicembre 2014), non è di certo applicabile, “ … poiché il differimento degli effetti dell’estinzione non opera per un quinquennio, ma per l’eventuale minor periodo che risulta al netto dello scarto temporale tra la richiesta di cancellazione e l’estinzione.”
In sostanza la nuova norma, ha inteso limitare gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo una parziale capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al «solo» fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiederne tributi o contributi.
Afferma infatti la Suprema Corte che: “… la norma, pertanto (contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale e non “procedurale”, in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione: il caso in esame, cioè, è del tutto diverso da quello dì interventi normativi che, ad esempio, incidano sulla disciplina dei termini del processo tributario o prolunghino i termini di accertamento o introducano nuovi parametri di settore e che, per loro natura, possono applicarsi a fattispecie processuali o sostanziali precedenti. Appare del tutto irrilevante, poi, che il periodo sia stato individuato dal legislatore nella misura di cinque anni facendo riferimento (come si legge nella relazione illustrativa) al termine quinquennale di accertamento previsto dagli arti. 43, comma 2, del d.P.R. n 600 del 1973 e 57, comma 2, del d.P.R. n. 633 deI 1972: è del tutto evidente, infatti, che la fattispecie oggetto del comma 4 dell'art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014 attiene alla capacità della società e non ai termini fissati per l'accertamento (che restano regolati da altra normativa, non toccata dal comma 4 .”
Insomma, la Suprema Corte, dopo aver ricordato che «la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo» e che «le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo», “… salvi i casi di interpretazione autentica. Anche il citato comma 1 dell'art. 3, al pari delle preleggi, pone una cosiddetta “metanorma” (cioè una norma riguardante le norne successive) che, pur potendo essere disattesa da successive norme di pari grado gerarchico, costituisce comunque un criterio interpretativo di fondo operante per i casi dubbi, allorché la successiva disposizione tributaria di pari grado nulla espressamente preveda circa la sfera temporale della sua efficacia (come nel caso in esame)”, ha inoltre chiarito, senza mezzi termini, che “il legislatore delegato non avrebbe avuto neppure in astratto il potere di derogare sul punto la legge a 212 del 2000 con il d.lgs. n. 175 del 2014, perché la legge di delegazione n. 23 del 2014 gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare lo statuto dei diritti del contribuente (art. 1 della legge delega) e, quindi, anche il comma I dell'art. 3 dello statuto.”
Una volta chiarito che il comma 4 dell’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014 non ha alcuna valenza interpretativa (dato il suo tenore testuale, che non solo non assegna espressamente alla disposizione alcuna natura interpretativa, ai sensi del comma 2 dell'art. 1 dello statuto dei diritti del contribuente, ma neppure in via implicita intende privilegiare una tra le diverse possibili interpretazioni delle precedenti disposizioni in tema di estinzione della società), la Suprema Corte, rivolgendosi (implicitamente) alla interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate, ha affermato che “il testo della disposizione non consente di individuare alcun indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma l dell'art. 3 dello statuto dei diritti del contribuente … (e) non autorizza ad attribuire effetti di sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le quali la richiesta di cancellazione e l’estinzione siano intervenute anteriormente al 13 dicembre 2014.”
Gli ermellini, dopo aver affermato le motivazioni per le quali il comma 4 dell’'art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, non ha efficacia retroattiva, hanno statuito che il supposto differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall'art. 2495, secondo comma, cod. civ., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese sia stata presentata nella vigenza di detto decreto legislativo e cioè a far data dal 13 dicembre 2014.
 

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