SEPARAZIONE E DIVORZIO CON ATTI DI TRASFERIMENTO DI IMMOBILI SEMPRE ESENTI DA IMPOSTA
31 OTT 2024
La Corte di giustizia tributaria di Roma con la la sentenza n. 6195/33/2024 ha stabilito che l'esenzione fiscale prevista dall’articolo 19 della legge 74/1987 è applicabile a tutti gli atti posti in essere dalla coppia che rientrano nel concetto di «negoziazione globale» in quanto volti a definire in modo stabile la crisi coniugale.
L’agenzia delle Entrate contestava l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime di esenzione in relazione ad un atto di cessione immobiliare, evidenziando che, dal relativo testo, non era possibile individuare il requisito della funzionalità e indispensabilità dello stesso ai fini della risoluzione della crisi coniugale.
I giudici rigettavano la tesi erariale stabilendo che l’articolo 19 delle 6 marzo 1987 n. 74 prevede l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro ed ogni altra tassa per tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti (anche esecutivi e cautelari) che sono diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni (ex articoli 5 e 6 della legge n. 898/1970).
Essi facevano rilevare che la ratio della disposizione risiede nel fatto che il legislatore ha voluto favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale, non sottoponendo a tassazione i trasferimenti patrimoniali fra i coniugi compiuti nel momento della separazione e del divorzio, atti che non esprimono indici di capacità contributiva (cfr. Cassazione, sentenze 2347/2001, 7493/2002 e 3074/2021, 3110/2016, 4144/2021 e ordinanza n. 22023/2017 ) essendo centrale l’accordo nella definizione della crisi coniugale e nell’ottica di favore con il quale il legislatore vede questa modalità di definizione.
Nel caso di specie non risultava ostativo, ai fini dell’applicazione del regime di esenzione né il fatto che l’accordo avesse un contenuto separativo necessario né che la proprietà del bene non fosse comune, ma esclusiva di uno dei due coniugi contraenti.