Con la Risoluzione n. 40/E/2019 l’amministrazione finanziaria ha affermato che le agevolazioni relative al credito d’imposta per la R&S, andrebbero individuate nei progetti diretti al superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base delle conoscenze note e disponibili, sicchè il beneficio conseguente andrebbe a vantaggio dell’intera economia.
In altri termini, secondo l’attuale interpretazione del Fisco il credito d’imposta per l’attività di ricerca e sviluppo spetterebbe solo in presenza dei parametri contenuti nel «Manuale di Frascati».
E' noto che l'amministrazione finanziaria sta effettuando controlli a tappeto sulle richieste presentate dai contribuenti per il "famigerato" credito di imposta per la ricerca e sviluppo. Famigerato perché il fisco sta mettendo in discussione la legittimità di quasi tutte le domande presentate, applicando conseguentemente le sanzioni amministrative dal 100 al 200% del credito richiesto e la contestazione del delitto ex articolo 10-quater, comma 2, del Dlgs 74/2000 per crediti compensati superiori a 50.000 euro.
Invero, com’è noto agli addetti ai lavori, il Mise con la circolare 46586/2009 aveva stabilito che il citato credito d’imposta spettava in presenza dei requisiti richiesti dal «Manuale di Oslo», che identifica l’innovazione quale parametro dell’indagine tesa a individuare lo sforzo dell’impresa verso lo sviluppo e la creazione di un prodotto nuovo o migliorato, con la precisazione che «lo scopo della disciplina comunitaria e di quella nazionale è quello di sostenere l’impegno dell’impresa diretto a elevare il processo e il prodotto della propria attività, accrescendo quindi la competitività del sistema».
Orbene con la risposta all’interrogazione parlamentare del 26 giugno 2019, l’amministrazione finanziaria ha negato la portata innovativa della interpretazione fornita con la Risoluzione n. 40/E/2019, come dire che ciò che ha affermato il Mise con la sua Circolare del 2009, (parametri individuabili nel manuale di Oslo), non ha alcun rilievo e per la spettanza del credito d’imposta deve necessariamente farsi riferimento al solo “manuale di Frascati”.
Ebbene, vi pare possibile che i contribuenti abbiano, fino al 2019, fatto affidamento in un documento ufficiale del Mise, che individuava nel prodotto nuovo o significativamente migliorato l’oggetto e l’obiettivo dell’agevolazione in questione, (con esclusione delle modifiche di routine e periodiche), abbiano su queste basi presentato le loro richieste ed oggi debbano fare affidamento su diversi e più stringenti parametri che possono solo che portare alla proliferazione di un rilevante contenzioso?
A me sembra di poter affermare che quei contribuenti abbiano agito in perfetta buona fede e che di conseguenza possano difendersi invocando il principio del legittimo affidamento, principio riconosciuto dall’ordinamento interno e sovranazionale.
Ricordiamo infatti che la Corte di Giustizia nelle cause riunite C- 181/04, 182/04,183/04, ha affermato che le disposizioni devono essere interpretate tenendo conto dell’esigenza del legittimo affidamento, onde per cui non può di certo disconoscersi “a posteriori” una agevolazione, allorquando il contribuente si sia conformato alle istruzioni fornite da una branca del suo apparato (Mise).
Il principio del legittimo affidamento, è parte integrante del nostro ordinamento, come riconosciuto da tempo dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 17576/2002 e Cassazione 21513/2006).
Mala tempore currunt sed pejora parantur.