RICERCA E SVILUPPO DA VALUTARE SENZA IL MANUALE DI FRASCATI
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
RICERCA E SVILUPPO DA VALUTARE SENZA IL MANUALE DI FRASCATI

RICERCA E SVILUPPO DA VALUTARE SENZA IL MANUALE DI FRASCATI

27 OTT. 2023
La Corte di Giustizia Tributaria di Palermo con la sentenza 1686//6/2023, aggiunge un altro importante tassello alla vergognosa vicenda del credito d'imposta afferente alle spese di Ricerca & Sviluppo, precisando elementi di diritto meritevoli di essere enunciati e direi questioni di buon senso note anche ai profani del diritto, 
  1. Il Mauale di Frascati (Guidelines for collecting and reporting data on research and experimental development), è estraneo all'ordinamento giuridico italiano perchè redatto in lingua straniera e come tale non può essere utilizzato per verificare il requisito di novità delle spese agevolabili. 
  2. I documenti di prassi pubblicati in data successiva all'utilizzo del credito d'imposta non possono esplicare efficacia, (si riferisce alla Circolare del MI.SE del 09.02.2018 n. 59990, alla Risposta 188/2021 ed alla Risoluzione n.40/E del 02.04.2019, secondo le quali le uniche attività di ricerca e sviluppo agevolabili sarebbero "quelle che si rendono necessarie, nell'ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un'incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili", mentre, al contrario, non lo sarebbero quelle "che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell'arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell'arte)".
  3. Le uniche fonti utilizzabili per l'atto di recupero sono solo il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 145 ed il d.m del 27.05.2015.  
La sentenza chiude la propria motivazione ricordando che le valutazioni di carattere tecnico-scientifico richiedono il possesso di una serie di conoscenze che  non attengono alle materie trattate dall’agenzia delle Entrate, questione già espressa dalla Corte di Giustizia Tributaria di Rimini nella sentenza 99/2023.  

RIPRODUZIONE INTEGRALE DELLA SENTENZA DEL 30.08.2023 n. 1686 CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI PALERMO Sezione/Collegio 6

Con ricorso notificato a mezzo P.E.C. il 21.9.2022 alla Direzione Provinciale di Palermo dell'Agenzia delle Entrate e depositato - unitamente alla prova della notificazione, alla copia dell'atto impugnato e a numerosi documenti - il successivo giorno 20, la "(...) s.p.a.", con l'assistenza tecnica dell'Avv. (...), ha chiesto l'annullamento del sopraemarginato atto di recupero di un credito d'imposta ex art. 3 del D.L. n. 145/2013 di complessivi Euro 492.449,73 che si assume indebitamente utilizzato negli anni 2018, 2019 e 2020 e di contestuale irrogazione di una sanzione di pari importo notificatole dal predetto ufficio il 22.6.2022. L'Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio il 21.11.2022, depositando controdeduzioni, corredate da documenti, in cui ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese. Il 20.1.2023 la società ricorrente ha depositato un'"ISTANZA DI TRATTAZIONE URGENTE" della domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato proposta in seno al ricorso e una cartella di pagamento notificatale, di rilevante importo, relativa anche alle somme oggetto di recupero (maggiorate di sanzioni e interessi). Fissata la sollecitata udienza camerale per il 2.3.2023, il precedente giorno 21 la detta società ha depositato delle "NOTE DI TRATTAZIONE SCRITTA PER L'UDIENZA CAUTELARE" e ulteriore documentazione concernente un ricorso ex art. 161, comma 6, L. Fall., da essa presentata al Tribunale di Termini Imerese. Con ordinanza n. 376/2023 del 2-3.3.2023 è stata disposta la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato con fissazione dell'udienza per la trattazione del merito della controversia al 18.5.2023-. Il 27.4.2023 la società ricorrente ha depositato un ulteriore documento e il successivo 5.5 una memoria illustrativa. Alla pubblica udienza tenutasi nella data come sopra fissata, uditi gli interventi del difensore di parte ricorrente e del rappresentante dell'Agenzia resistente, la causa è stata posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) La controversia ha per oggetto la spettanza o meno dei crediti d'imposta istituiti dall'art. 3, comma 1, del D.L. n. 145/2013 maturati nei periodi d'imposta 2017, 2018 e 2019 dalla "(...) s.p.a." e dalla stessa utilizzati nei periodi d'imposta 2018 (per Euro 160.373,00), 2019 (per Euro 153.945,00) e 2020 (per Euro 178.132,00) per la realizzazione di un progetto pluriennale di ricerca e sviluppo denominato "Digitalizzazione dei processi e sviluppo di dispositivi prototipali dei servizi innovativi per la sicurezza privata", da essa stessa elaborato d'intesa con l'Università degli Studi di Palermo. 2) Con l'atto di recupero impugnato l'Agenzia delle Entrate, dopo aver premesso che la società ha ottemperato l'8.3.2021 all'invito ad esibire la documentazione comprovante la formazione del credito maturato nel 2017, ma non all'analogo invito, rivoltole il 27.5.2021 e ribadito il successivo 31.8, relativo alle altre due annualità, ha proceduto all'analisi degli elaborati denominati "Programma di Ricerca pluriennale", "Prima relazione MondialPol 2017" e "Mondialpol Dossier 2017", che ha in gran parte riportato nell'atto, ed entrandovi nel merito ha negato che le attività in essi descritte possano considerarsi attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta de quo per quanto riguarda l'annualità 2017, il cui credito è stato utilizzato nel 2018 nella misura di Euro 160.373,00, pari al 50% della spesa documentata (personale impiegato nell'attività di ricerca e sviluppo e costi per "contratti di ricerca extra-muros"). In particolare, la valutazione di inammissibilità è stata formulata alla luce di alcuni "documenti di prassi" del Mi.S.E. (circolare 9 febbraio 2018, n. 59990 del Mi.S.E.) e della stessa Agenzia ("Risposta 188/2021", risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019), secondo le quali le uniche attività di ricerca e sviluppo agevolabili sarebbero "quelle che si rendono necessarie, nell'ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un'incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili", mentre, al contrario, non lo sarebbero quelle "che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell'arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell'arte)". Le attività compiute dalla "(...) s.p.a." difetterebbero dei requisiti della "novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità" e rappresenterebbero "mere attività tese all'incremento della competitività dell'azienda attraverso processi più efficaci ed efficienti", e non apporterebbero "alcun contributo all'avanzamento delle conoscenze generali e quindi al benefico per l'intera economia che dovrebbe qualificare, invece, un'attività di ricerca e sviluppo". Lo sviluppo del GPS come sistema di geolocalizzazione delle guardie giurate, pur essendo nuovo per la "(...) s.p.a.", sarebbe già diffuso nei sistemi aziendali del settore e le nuove tecnologie realizzate (la cosiddetta "blackbox") sarebbe una tecnologia già diffusa; in definitiva, le attività descritte nella documentazione prodotta dalla società costituirebbero "ordinarie attività di progettazione di nuove versioni di prodotti con caratteristiche (di varia natura) migliorate tramite tecnologie esistenti e disponibili, che costituiscono al più una variazione di tipologie presenti". Nell'atto di recupero si rileva, infine, la "sostanziale incompletezza e inidoneità della documentazione prodotta dalla società a supportare l'applicazione della disciplina agevolativa" anche sotto il profilo della quantificazione dei costi. Per le altre due annualità di ricerca (2018 e 2019), invece, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il credito utilizzato non possa essere a priori riconosciuto per l'impossibilità di procedere al controllo della documentazione riguardante la sua formazione, dovuta all'inottemperanza della società rispetto agli inviti all'esibizione come sopra inviatile; ha infatti inteso "inesistenti" i relativi crediti ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 5 del D.Lgs. n. 471/1997, in quanto il loro presupposto costitutivo non sarebbe stato "riscontrabile" mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973-.

3) A questi rilievi la società ricorrente replica sostenendo l'illegittimità dell'atto impugnato:

a - per la mancata attivazione del c.d. "contraddittorio preventivo" che sarebbe imposto dall'art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/1997;

b - per violazione dell'art. 3 del D.L. n. 145/2013, in quanto sussisterebbero "tutti i requisiti richiesti dal legislatore per la fruizione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo", essendo prive di fondamento le contestazioni mosse dall'ufficio fiscale;

c - l'irrogazione delle sanzioni violerebbe l'art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 471/1997, non vertendosi in un caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti;

d - la detta irrogazione sarebbe affetta anche da difetto di motivazione in merito al requisito della colpevolezza, nonché dal vizio di omessa contestazione delle sanzioni all'autore della condotta sanzionata.

4) Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è infondato.

In primo luogo, la norma richiamata dalla società ricorrente non opera nella fattispecie, in quanto è inserita nel Capo II del Titolo I del D.Lgs. n. 218/1997, intitolato "PROCEDIMENTO PER LA DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI NELLE IMPOSTE SUI REDDITI E NELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO", sicché la sua applicazione è limitata ai soli "avvisi di accertamento" in senso stretto, mentre nel caso di specie si tratta di un "atto di recupero" tipizzato dall'art. 1, comma 421, della L. n. 311/2004, e la differenza ontologica, nonché il rapporto, fra le due figure è esattamente tratteggiata dall'ordinanza n. 8429/2017 della Suprema Corte. A ciò si aggiunga che il disposto del comma 5 dell'art. 5 ter citato ("il mancato avvio del contraddittorio mediante l'invito di cui al comma 1 comporta l'invalidità' dell'avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato") fa in pratica degradare il presunto obbligo imposto dal comma 1 ad una mera petizione di principio, dal momento che la valutazione della sussistenza, "in concreto", delle ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato e tali da convincere l'ufficio fiscale a recedere dalla sua posizione equivale di fatto a valutare la fondatezza del merito dell'avviso. In sostanza, nel caso di specie, ad esempio, per dichiarare invalido l'avviso di accertamento ai sensi del comma 5 dell'art. 5 ter, la Corte dovrebbe prima ritenere fondati i rilievi di merito che la "(...) s.p.a." sviluppa nel suo secondo motivo di ricorso, con la conseguenza che, ove questa valutazione risultasse favorevole alla società ricorrente, l'atto impugnato sarebbe annullato comunque - ma sotto il profilo sostanziale, comunque prevalente su quello formale - per l'infondatezza in sé della pretesa dell'ufficio fiscale.

Dunque, lo scrutinio del primo motivo di ricorso è assorbito da quello del secondo.

5) In quest'altro motivo la "(...) s.p.a." sostiene di aver diritto al credito d'imposta per tutte e tre le annualità sulla base della relativa documentazione comprovante e ha dedotto l'infondatezza di tutti i rilievi sviluppati nella motivazione dell'atto d'impugnato che, a suo avviso, difetterebbe nei suoi presupposti fattuali, logici e giuridici. Sul punto va, in primo luogo ricordato che alla data dell'1.1.2017 (prima annualità in esame) l'art. 3 del D.L. n. 145/2013 recitava:

"1. A tutte le imprese... che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo... è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015". Solo a decorrere dall'esercizio 2019 sono state modificate la misura del credito e il parametro di riferimento delle spese.

Il comma 4 così elenca, in positivo, le attività di ricerca e sviluppo ammesse:

"... a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera

c);

c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida;

d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali".

Di contro, il comma 5 individua così, in negativo, le attività che non danno luogo al credito:

"5. Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti".

Prescindendo dall'esame analitico della normativa di dettaglio dettata dai commi successivi, va invece evidenziato il comma 14, che recita:

"14. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono adottate le disposizioni applicative necessarie, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito d'imposta di cui l'impresa ha fruito indebitamente".

6) Il decreto interministeriale previsto da questo comma è quello del 27.5.2015 pubblicato sulla G.U. n. 174/2015, il cui art. 2, ripete sostanzialmente l'elenco delle attività ammissibili e non ammissibili già contenuto nei commi 4 e 5 della norma istitutiva, gli artt. 3 e 4 ripetono quanto già disposto dalla normativa primaria in tema di soggetti beneficiari e costi eleggibili, così come gli artt. 5 e 6 ribadiscono concetti già contenuti nella legge in materia di importi e di modalità di fruizione; l'art. 7, poi, ribadisce che i controlli sono svolti dall'Agenzia delle entrate "sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale", come già previsto al comma 11 della norma istitutiva.

Un apporto innovativo è dato, invece, dal seguente art. 8, in materia di controlli:

"1. Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto, l'Agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto.

2. Qualora, nell'ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall'Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.

3. Nel caso in cui, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge. Sono fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo".

7) Questo è l'unico quadro normativo di riferimento della misura che, sulla base di questi due testi, da considerarsi compiutamente disciplinanti l'istituto (per i fondamentali principi di completezza e autointegrazione dell'ordinamento giuridico), era già applicabile dall'1.1.2015, nel senso che da questo giorno in avanti le imprese interessate avrebbero potuto programmare le loro attività di ricerca e sviluppo ed eseguire i loro investimenti confidando nel diritto al credito d'imposta sulla base di detto quadro.

La immediata esecutività della misura, che presuppone necessariamente la completezza normativa (e interpretativa), è confermata dalla Risoluzione del 25.11.2015 n. 97/E, con cui l'Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo 6857, operativo fin dall'1.1.2016, per l'utilizzo del credito in compensazione delle imposte dovute per l'esercizio 2015-.

E, sebbene i documenti di prassi non abbiano efficacia per il giudice (che notoriamente è soggetto soltanto alla legge), è anche il caso di richiamare qualche passaggio della Circolare n. 5/E del 16.3.2016 della Direzione Centrale Normativa dell'Agenzia delle Entrate, solo al fine di sottolinearne il valore che esso ingenera nei contribuenti sotto il profilo del loro legittimo affidamento:

"La legge di Stabilità 2015 modifica la misura dell'agevolazione, estende il periodo di applicazione della stessa, amplia la platea dei beneficiari e le categorie di spese agevolabili e facilita le modalità di accesso al beneficio.

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (di seguito anche decreto attuativo), emanato ai sensi del comma 14 della norma in vigore, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al pieno funzionamento dell'incentivo, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione in caso di fruizione indebita";

"Il "nuovo" credito di imposta, non soggiacendo più alla limitazione delle risorse, determinata, in passato, dal finanziamento connesso all'utilizzo dei fondi strutturali europei, si caratterizza per una più rapida possibilità di fruizione da parte dei beneficiari, in quanto non è riconosciuto - come nella precedente formulazione - a seguito della presentazione di un'apposita istanza per via telematica, ma è concesso in maniera automatica, a seguito della effettuazione delle spese agevolate";

"L'articolo 3, ai commi 4 e 5, e l'articolo 2 del decreto attuativo elencano in maniera puntuale le attività di ricerca e sviluppo agevolabili, consistenti nella ricerca fondamentale, nella ricerca industriale e nello sviluppo sperimentale e le attività che, invece, non possono essere considerate tali...".

8) Come anticipato, l'atto di recupero impugnato ha negato in radice alla "(...) s.p.a." il diritto al credito d'imposta che la stessa riteneva di aver maturato per attività svolte nel 2017 richiamando la Circolare Direttoriale del Mi.S.E. del 9 febbraio 2018, n. 59990, la propria "Risposta 188/2021" (che richiama un parere chiesto al Mi.S.E., e da questo reso, ai sensi dell'art. 8, comma 2, del succitato Decreto interministeriale del 27.5.2015) e la propria Risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019 (anch'essa riportante un analogo parere del Mi.S.E.), documenti tutti non pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e dei quali non può pertanto presumersi la legale conoscenza da parte di tutti i cittadini, le quali, in totale difformità a quanto emerge dai surriportati passaggi della sua precedente Circolare n. 5/E del 16.3.2016 e dello spirito della legge, tendente chiaramente a incentivare quanto più possibile la ricerca, restringono notevolmente il novero delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, limitandole a "quelle che si rendono necessarie, nell'ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un'incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili" e, ampliando a dismisura la portata del comma 5 dell'art. 3 del D.L. n. 145/2013, affermano che non si considererebbero attività di ricerca e sviluppo quelle "che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell'arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell'arte)".

Questa postuma interpretazione della compiuta normativa positiva già pienamente vigente fin dal 29.7.2015 (data di pubblicazione sulla G.U. del decreto interministeriale del 27.5.2015 denominato "Attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo") è fondata, come espressamente si legge alle pagg. 31 e 33 dell'atto di recupero per cui è causa, sul c.d. "Manuale di Frascati" ("Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development"), atto redatto in una lingua straniera e completamente estraneo all'ordinamento giuridico nazionale, che (sebbene richiamato anche dalla società ricorrente sia nel suo "PROGRAMMA DI RICERCA" depositato con il ricorso, sia nella "Relazione sulle attività inerenti al programma di Ricerca e Sviluppo" depositata il 27.4.2023) non possono assolutamente avere quella "valenza generale" che il Mi.S.E. e l'Agenzia delle Entrate gli vorrebbero attribuire.

Tantomeno può concettualmente accettarsi che la platea dei contribuenti che nel 2017 avesse fatto legittimo affidamento sul tenore molto "aperturista" della surrichiamata Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.3.2016 possa essere sostanzialmente penalizzata dal revirement giurisprudenziale della stessa Agenzia del 2019 (Risoluzione n. 40/E) o addirittura del 2021 ("Risposta 188/2021"), che chiaramente non poteva conoscere e neppure ragionevolmente prevedere.

L'ammissibilità o la non ammissibilità al credito devono essere, invece, valutate solo alla rigorosa stregua del dato letterale delle norme, primaria (D.L. n. 145/2013) e secondaria (Decreto interministeriale del 27.5.2015), che disciplinano la fattispecie, norme in cui tutto il costrutto argomentativo che l'Agenzia delle Entrate ha, in realtà, solo supinamente recepito dalla Circolare Direttoriale del Mi.S.E. del 9 febbraio 2018, n. 59990, non si percepisce minimamente per un cittadino, o un impresa, dotata delle ordinarie conoscenze che è tenuta ad avere e che, per esempio, non conosca la lingua inglese o le "lettere bb) e y) del paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione 2014/C 198/03" che l'atto impugnato richiama alla pag. 32-.

Posto che, con tutta evidenza, l'attività descritta nel "PROGRAMMA DI RICERCA" della società ricorrente rientrano latamente nell'ambito della "ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti" e/o della "acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi", attività sicuramente ammesse al beneficio dalla norma istitutiva, per escluderla avrebbe dovuto essere dimostrato - possibilmente con il supporto di uno specifico elaborato tecnico e non solo labialmente, come fatto nel provvedimento impugnato - unicamente solo che essa abbia prodotto delle "modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti" (comma 5 dell'art. 3 del D.L. n. 145/2013) e non invece sostenere, in aperto contrasto con la lettera della legge, che il beneficio spetterebbe solo quanto la ricerca sia necessaria "... per il superamento di un ostacolo o un'incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili", perché questa lettura della norma restringerebbe irragionevolmente la platea degli aventi diritto al credito d'imposta solo ad un ristrettissimo numero di istituzioni o enti di ricerca scientifica e/o tecnologia innovativa, di caratura internazionale, capaci di superare "ostacoli" o "incertezze" non superabili "con le conoscenze e le capacità già disponibili" addirittura nell'ambito dell'intero panorama delle conoscenze scientifiche e tecnologiche mondiali (non essendovi limiti territoriali alla conoscenza) che, evidentemente, il funzionario dell'Agenzia delle Entrate che ha redatto il provvedimento e ha giudicato incongruo il progetto rispetto a questo parametro di valutazione - da considerarsi sul piano logico la premessa maggiore del sillogismo - ha avuto la pretesa di conoscere, cosa che questa Corte non ritiene credibile.

Per tale ragione, la motivazione di quest'atto è viziata da errore nei presupposti giuridici e da intrinseca illogicità.

9) A ciò si aggiunga che, anche a voler seguire la chiave argomentativa emergente dal provvedimento impugnato, affermare che le attività compiute dalla "(...) s.p.a." difetterebbero dei requisiti della "novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità", rappresenterebbero "mere attività tese all'incremento della competitività dell'azienda attraverso processi più efficaci ed efficienti", e non apporterebbero "alcun contributo all'avanzamento delle conoscenze generali e quindi al benefico per l'intera economia che dovrebbe qualificare, invece, un'attività di ricerca e sviluppo", o che lo sviluppo del GPS come sistema di geolocalizzazione delle guardie giurate, sarebbe già diffuso nei sistemi aziendali del settore, che la cosiddetta "blackbox" elaborata da detta società sarebbe una tecnologia già diffusa e che le attività da essa svolte costituirebbero "ordinarie attività di progettazione di nuove versioni di prodotti con caratteristiche (di varia natura) migliorate tramite tecnologie esistenti e disponibili, che costituiscono al più una variazione di tipologie presenti" presupporrebbe, a monte, la descrizione documentata del c.d. "stato dell'arte" nel settore delle tecnologie generalmente utilizzate nel 2017 per la vigilanza privata.

Di questo parametro di riferimento, indubbiamente necessario sul piano logico (come già spiegato) per valutare la "novità" "creatività", "trasferibilità" e "riproducibilità" delle ricerche effettuate dalla società ricorrente e che (forse) avrebbe potuto essere inserito nel parere tecnico del Mi.S.E. di cui all'art. 8, comma 2, del Decreto interministeriale del 27.5.2015 che l'Agenzia resistente non ha ritenuto di chiedere nella fattispecie, non v'è alcuna traccia nell'atto impugnato, la cui motivazione è pertanto viziata da insufficienza, con conseguente illegittimità derivata del provvedimento.

10) Infine, posto che la qualifica di "credito inesistente" attribuito a quelli maturati dalla società ricorrente nelle annualità di ricerca 2018 e 2019 non può essere fondato sulle illogiche motivazioni dell'atto di recupero impugnato, e quindi per mancanza del presupposto costitutivo, va verificato se sussista l'ulteriore causa di inesistenza indicata all' art. 13, comma 5 del D.Lgs. n. 471/1997 nella non riscontrabilità del credito "mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633".

Anzitutto, dall'uso della congiunzione "e" nel testo della norma sembrerebbe che, per intendere "inesistente" il credito utilizzato in compensazione, debbano sussistere congiuntamente le condizioni sia della mancanza del presupposto costitutivo, sia della sua non riscontrabilità mediante i predetti controlli.

Ma anche a voler ritenere che una sola di tali due condizioni sia sufficiente, si osserva che nel caso di specie si verte al di fuori dell'ambito applicativo degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e/o 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 e che, in ogni caso, l'Agenzia delle Entrate non ha fornito - com'era suo preciso onere - la prova dell'invio delle comunicazioni del 27.5 e 31.8.2021, relative alla documentazione afferente le due annualità di ricerca di cui sopra, formulate ai sensi dei commi 3 dei tre articoli di legge citati dalla norma da essa invocata e che, invece, la società ha contestato sotto il profilo della chiarezza e della completezza.

L'argomento è pertanto infondato.

11) Per tutte le suesposte ragioni, il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato va annullato.

12) L'assoluta peculiarità e novità delle questioni affrontate, su cui non si rinvengono consolidati orientamenti giurisprudenziali e nessun precedente di legittimità, costituiscono tuttavia valido presupposto per disporre l'integrale compensazione delle spese del giudizio, ivi compresa la fase cautelare.

P.Q.M.

la Corte, in accoglimento del ricorso, annulla l'atto impugnato e compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 18 maggio 2023.

VEDI TUTTE
VUOI UNA NOSTRA
CONSULENZA?
dominiciassociati it ricerca-e-sviluppo-da-valutare-senza-il-manuale-di-frascati 007Via Marecchiese, 314/D 47922 Rimini (Rn) |
Tel. +39 0541/388003 Fax +39 0541/1833731
P.Iva 02647080403 Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Credits TITANKA! Spa