RESIDENZA FISCALE IN BASE AL DOMICILIO RICONOSCIBILE DA INTERESSI E AFFARI
12 MAG 2021
La corte di Cassazione con la sentenza n 11.620 del 04.05.2021 è tornata ad occuparsi del concetto di residenza fiscale, stabilendo che l'imposizione va ancorata all’esistenza di un collegamento fisicotra il contribuente e il territorio dello Stato.
Secondo i supremi giudici la localizzazione in Italia della residenza anagrafica non basta a provare il domicilio quale sede principale di affari e interessi della persona fisica.
Ricordiamo infatti che l’art. 2 del TUIR identifica tre criteri per l’accertamento della residenza fiscale in Italia, tra loro alternativi, il che vuol dire che anche la presenza di uno solo di essi è sufficiente per l'accertamento della residenza fiscale in Italia (uno formale, iscrizione anagrafica e due criteri di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio in Italia ai sensi dell’art. 43 cod.civ. per la maggior parte del periodo d'imposta).
Sostanzialmente, la cancellazione dal registro dell’anagrafe dei residenti non basta, ma occorre che egli abbia effettivamente trasferito il proprio domicilio civilistico (art. 43 c.c.), inteso come luogo dove una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessiper la maggior parte del periodo di imposta (Cass. n. 21694/2020).
A tal fine l’individuazione del domicilio deve essere riconoscibile a terziper poter assumere rilevanza e tale riconoscibilità deve essere individuata in relazione alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali, prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (Cass. n. 32992/2018).