Dieci anni per ottenere giustizia e 500,00 euro le spese riconosciute per i due gradi di giudizio.
A volte occorre accontentarsi della gloria, soprattutto quando essa è stata fortemente ambita.
La questione è quella già tante volte affrontata su questo portale e riguarda
il mancato riconoscimento delle ritenute d'acconto al professionista al quale sono state pagati gli onorari.
Invero sul punto era quest'anno intervenuta anche la
Corte di Cassazione, che con la
sentenza n. 14138 del 7 giugno 2017, aveva stabilito che lo scomputo delle ritenute d’acconto su redditi di lavoro autonomo,
non necessita della relativa certificazione, poiché la trattenuta può essere provata anche con altri mezzi, "La norma dedicata allo scomputo delle ritenute d'acconto ne subordina la legittimità alla sola condizione che esse siano state «operate» (art. 22 DPR 917/86). Rileva un fatto storico (decurtazione del corrispettivo), che, seppur viene provato tipicamente mediante la certificazione di chi ha operato la ritenuta, può essere provato con mezzi equivalenti da chi la ritenuta ha subìto".
In sostanza, secondo la Corte,
si può prescindere dalla rilevanza formale della certificazione, poiché l’adempimento, relativo all’obbligo di allegazione alla dichiarazione dei redditi del certificato del sostituto d’imposta (attestante le ritenute operate),
è stato soppresso dalla disposizione normativa introdotta dall’art. 1 del DL 330/1994, convertito nella legge 473/1994, che ha a sua volta modificato l’art. 3 del DPR 600/1973.
Tale modifica normativa ha dunque affievolito la rilevanza dell’adempimento formale, concentrandosi sulla sostanzialità della realtà fattuale riguardante la prova questione fatta propria dalla CTR Bolognese che ha così accolto il ricorso che vedeva imputato il dott. Dominici.
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