La Corte di Cassazione, nell'ordinanza 22.10.2024 n. 27283, si è pronunciata sulla definizione di patto parasociale e sulle caratteristiche del "patto leonino", vietato dall'art. 2265 c.c., confermando che non rientra in questa fattispecie la c.d. "opzione put".
Il patto parasociale è l'accordo contrattuale che lega più soggetti con la finalità di regolamentare il comportamento da tenere durante la vita della società o in occasione dell'esercizio dei diritti sociali. Esso è distinto dal contratto sociale e dallo statuto e la sua validità è stata riconosciuta dallo stesso Legislatore (art. 2341-bis c.c.).
In considerazione di ciò, precisa la Suprema Corte, i patti parasociali che tendono a stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società devono ritenersi sempre validi, a condizione che non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento in materia societaria.
Tra tali principi si annovera il divieto di patto leonino previsto dall'art. 2265 c.c., ai sensi del quale è nullo il patto con cui uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. In particolare, sono vietati dalla citata disposizione gli accordi che prevedano una esclusione del socio dagli utili o dalle perdite che sia "totale" e "costante".
Con l'occasione, la Suprema Corte rileva come nell'ambito dei patti parasociali rientri anche la c.d. "opzione put", da ritenersi valida in quanto finalizzata al perseguimento di interessi meritevoli di tutela.