La
Corte di Cassazione, con la sentenza
n. 26638 del 10.11.2017 ha stabilito che le valutazioni circa la residenza fiscale debbono essere condotte sulla base delle risultanze fattuali, sicchè costituisce
abitazione permanente anche la casa di proprietà del convivente,
ove si convive (rectius: risiede)
stabilmente.
La sentenza, ha così attribuito ad un cittadino russo la
residenza fiscale italiana considerando legittimo l’atto di irrogazione delle sanzioni afferente alla mancata compilazione del
quadro RW per le
attività finanziarie detenute all'estero.
L'ufficio aveva sostenuto l'esistenza di almeno
uno dei criteri di collegamento previsti dall’art. 2 del TUIR per stabilire la residenza fiscale italiana e cioè il
domicilio, inteso
quale centro degli affari e degli interessi.
Infatti, secondo l'art. 4 della Convenzione Italia-Russia, il cittadino è da considerarsi residente nel paese in cui ha un’abitazione permanente e, nel caso in cui egli abbia un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, la sua residenza sarà individuata nello Stato in cui ha il
centro degli interessi vitali, intendendosi per tale il luogo dove le relazioni personali ed economiche sono più strette.
L'ufficio aveva accertato che il cittadino russo era stabilmente convivente a Milano, con una sua connazionale residente in Italia, sicchè aveva dedotto che tale utilizzo (dell'immobile) fosse sufficiente per dimostrare la esistenza di due abitazioni permanenti una, di sua proprietà, in Russia e l’altra, in Italia, di proprietà della compagna, con la conseguente necessità di ricorrere alla seconda
tie breaker rule,
quella cioè del centro degli interessi vitali, riconducibile alla concomitanza della relazione affettiva e della esistenza di
interessi economici, poichè svolgeva
consulenza commerciale, deteneva una partecipazione in una società italiana e si era accollato le spese di ristrutturazione di un negozio per oltre tre milioni di euro.
rw-per-il-russo-che-convive-in-italia-2.pdf