Il Sig. _______________ ricorre, con distinti gravami, (R.G.R. n. 39-169/2017), nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia, avverso altrettanti avvisi di accertamento emessi, per gli anni d'imposta 2011 e 2012, ai fini IVA, relative sanzioni ed interessi; valore delle liti, ai fini della nota spese complessivamente € 87.997,00. Assume l'Agenzia, negli atti impugnati, originati da un PVC redatto dalla GdF, che la Ricorrente, svolgente l'attività di "fabbricazione di imballaggi in materie plastiche", avrebbe detratto, illegittimamente, l'IVA su fatture soggettivamente inesistenti, in quanto emesse da soggetto ("emittente") diverso da quello effettivo; la società "emittente" i) sarebbe risultata irreperibile, sia presso la sede sociale che presso la sede operativa; ii) non sarebbe stata dotata di una struttura atta a svolgere una concreta attività in forma d'impresa; iii) sarebbe stata gestita da prestanome nullatenenti; iv) per l'anno d'imposta 2011 avrebbe presentato dichiarazioni fiscali contenti dati non veritieri esponendo cessioni all'estero mai effettuate, al solo fine di ottenere la qualifica di esportatore abituale, per acquistare merci da fornitori italiani in esenzione di IVA, mentre, per l'anno d'imposta 2012, non avrebbe presentato alcuna dichiarazione fiscale; v) non avrebbe mai versato le imposte dovute, non avrebbe mai tenuto le necessarie scritture contabili; aggiunge poi l'Agenzia che, dall'analisi della frammentaria documentazione reperita nel corso del controllo, sarebbe emerso che "l'emittente" avrebbe "effettuato acquisti da fornitori intracomunitari e nazionali mediante l'utilizzo indebito di dichiarazioni d'intento e successiva rivendita "sottocosto" a clienti residenti"; pertanto le fatture emesse "dall'emittente" nei confronti dei clienti, nel corso degli anni 2011 e 2012, sarebbero da considerare "soggettivamente inesistenti". L'Agenzia evidenzia, poi, come la Ricorrente: i) in sede di verifica, non sarebbe stata in grado di ricordare il referente commerciale "dell'emittente" e, come, in due documenti di trasporto della "stessa", sarebbero individuabili errori e carenze di compilazione; ii) in sede di memorie precontenziose abbia chiarito di essersi avvicinata commercialmente "all'emittente" in quanto alla costante ricerca di grossisti con cui riuscire a spuntare prezzi di fornitura minori e che, "pertanto, era consapevole di ottenere materie prime e semilavorati ad un prezzo vantaggioso rispetto a quelli di mercato, che è proprio una conseguenza del meccanismo della frode carosello"; la Ricorrente grava gli atti impugnati sul presupposto della loro illegittimità, posto che: i) gli stessi fanno riferimento, in sede di motivazione ad un pvc, redatto a carico "dell'emittente", non allegato al pvc redatto a suo carico e che le è completamente sconosciuto, il tutto in violazione dell' art. 42 del DPR 600/73; ii) l'emittente" le era stata presentata da un altro affidabile operatore commerciale e che nulla le poteva far presumere l'eventuale inesistenza soggettiva della "stessa", posto che questa risultava regolarmente iscritta al Registro Imprese; iii) d'altro canto il fatto che non ne ricordasse il nome del referente commerciale era perfettamente logico, posto che l'ammontare degli acquisti dalla stessa non aveva superato, nei due anni in contestazione, il 7-8% dell'ammontare globale degli acquisti, iv) quanto ai prezzi "spuntati" con" l'emittente", gli stessi erano sostanzialmente, in linea con quelli di mercato, né potevano sorprendere le modalità di pagamento molte volte "a vista", posto che la scarsezza delle materie prime nel mercato di riferimento rendeva normale tale modalità che, anzi, molte volte era anticipata rispetto alla consegna della merce; v) tutti elementi che comproverebbero la sua buona fede e, dunque, la sua estraneità all'eventuale frode fiscale commessa "dall'emittente", posto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, va esente da responsabilità e può dunque legittimamente detrarre l'IVA su fatture "soggettivamente inesistenti", l'imprenditore che dimostri di avere utilizzato nei rapporti commerciali la usuale diligenza e prudenza tipici di un operatore commerciale "eiusdem generis ac professionis"; chiede, infine, in accoglimento dei ricorsi, l'annullamento degli atti impugnati. L'Agenzia si costituisce in giudizio con controdeduzioni con cui ribadisce le motivazioni dell'atto impugnato; chiede, infine il rigetto dei ricorsi, vinte le spese. La Ricorrente presenta memoria con allegata perizia atta al fine di dimostrare che i prezzi "spuntati" con "l'emittente sono assolutamente nella media o superiori alla stessa dei "comparabili" e non presentano alcuna anomalia; all'udienza dibattimentale le Parti si riportano alle loro deduzioni scritte.
Motivi della decisione
2. Afferma, con principio ormai consolidato, la Corte di Cassazione che "Spetta all'amministrazione finanziaria, la quale contesti il diritto del contribuente a portare in detrazione l'IVA pagata su fatture emesse da soggetto diverso dall'effettivo cedente del bene o servizio, (c.d. operazioni soggettivamente inesistenti), provare che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente abbia, con l'emissione della relativa fattura, evaso l'imposta o compiuto una frode. La relativa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, dimostrando che, al momento in cui pagò l'imposta che successivamente intese portare in detrazione, il contribuente disponeva di elementi tali da porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto" [sent. 23560 (Rv. 624737/01)].P.Q.M.
La Commissione, stante la connessione dei ricorsi di cui agli R.G.R. n. 39-169/2017, li riunifica in capo al R.G.R. n. 39/2017 e, in accoglimento dei ricorsi, annulla gli impugnati atti. Le spese di giudizio, liquidate in complessivi € 3000 (tremila) più oneri di legge e CUT, seguono la soccombenza.