La
Cassazione penale, sez. III del 17/11/2017 n. 14595, ha inteso ribadire un principio di diritto in materia di reati tributari alquanto discutibile e relativo allo sforamento delle "soglie". Nel caso di specie il ricorrente, in qualità di liquidatore di una società di capitali, aveva omesso il versamento dell'IVA per un importo complessivo pari ad € 254.345,00 Euro risultante dal debito erariale dichiarato dallo stesso. Premesso che, secondo un primo motivo di doglianza del ricorrente avverso i precedenti gradi di giudizio, la "
non corrispondenza del debito dichiarato (superiore alla cd. "soglia") con quello che risulta dalla contabilità dell'impresa (in ipotesi ad essa inferiore)" non ha alcuna rilevanza posto che la fattispecie, "
per chiara scelta legislativa, non è strutturata intorno al debito effettivo, ma solo a quello dichiarato", la stessa Corte ha escluso che, a fronte di un
superamento della soglia di rilevanza penale per € 4.345,00 (quindi oltre i 250mila fissati dalla legge), si potesse in ipotesi applicare
la causa di non punibilità della "particolare tenuità del fatto", prevista dall'art. 131-bis c.p., la quale è riferibile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata come detto a
250.000 Euro dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, "
in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale". Come a dire che, al di là di tale soglia, il Legislatore ha deciso che l'offensività dell'omesso versamento è sempre penalmente rilevante. Prosegue poi infatti la Suprema Corte assumendo che, perchè l'offesa possa essere ritenuta di particolare tenuità, occorre che "
il danno sia esiguo e, dunque, secondo il significato letterale del termine, scarso, trascurabile, quasi insignificante". Dunque, lo scostamento di 4.345,00 Euro rispetto alla soglia di punibilità non può, secondo la Suprema Corte, definirsi tale..
cassazione-14595-del-2017.pdf