NO ALLA CONDANNA PER L'IMPRENDITORE CHE NON PUO' PAGARE L'IVA
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
NO ALLA CONDANNA PER L'IMPRENDITORE CHE NON PUO' PAGARE L'IVA

NO ALLA CONDANNA PER L'IMPRENDITORE CHE NON PUO' PAGARE L'IVA

25 LUG 2024
L'omesso versamento Iva derivante dal fallimento del monocommittente, scrimina l'imprenditore impossibilitato al pagamento.
Questo è il risiltato della riforma fiscale, decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87, che ha introdotto una causa di non punibilità per la crisi di liquidità non transitoria, dovuta all’inesigibilità dei crediti per l’accertata insolvenza di terzi o il mancato pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni.
Secondo i giudici di legittimità, la crisi di liquidità trova «un importante riscontro nel diritto positivo» con la causa di non punibilità prevista dalla riforma, che scatta solo se non ci sono azioni esperibili per superare l’impasse.


crisi-di-liquidita-no-alla-condanna.pdf


La sentenza ci consente di analizzare anche le altre novità introdotte dal decreto legislativo 14.6.2024 n. 87, pubblicato sulla G.U. 28.6.2024 n. 150, con cui è stato riformato il sistema sanzionatorio tributario.
Tale decreto è stato adottato in attuazione dell’art. 20 della L. 9.8.2023 n. 111[1], che impegnava il Governo a osservare una serie di principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto, di altri tributi erariali indiretti e di tributi degli enti territoriali[2].
 
Gli obiettivi della citata legge delega nella materia del diritto penale tributario riguardavano in particolare:
  • attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso (art. 20 co. 1 lett. b) n. 1);
  • attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto (art. 20 co. 1 lett. b) n. 2);
  • conseguire una maggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali, evitando forme di duplicazione non compatibili con il divieto di “bis in idem” (art. 20 co. 1 lett. a) n. 1);
  • revisionare i rapporti tra processo penale e processo tributario, al fine di adeguare i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti, al fine di poter beneficiare della non punibilità o delle attenuanti tenendo conto dell’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale (art. 20 co. 1 lett. a) n. 3).
A livello generale, il DLgs. 14.6.2024 n. 87 interviene sia sulle sanzioni tributarie amministrative che penali.
 
Le prime vengono in gran parte mitigate riformando profondamente anche alcuni istituti[3].
 
Sul versante penale – su cui si sofferma la presente Circolare – si assiste ad una riforma normativa che tende a raccordare in modo più efficiente il processo penale con il procedimento tributario.
In particolare:
  • vengono modificate alcune fattispecie di reato previste dal DLgs. 74/2000 (in particolare l’indebita compensazione e gli omessi versamenti);
  • vengono integrati i presupposti per la causa di non punibilità e le circostanze attenuanti, previste rispettivamente agli artt. 13 e 13-bis del DLgs. 74/2000;
  • vengono limitate le ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca;
  • vengono regolati i rapporti tra procedimento penale e procedimento amministrativo tributario.
Entrata in vigore
Le norme penali contenute nel DLgs. 14.6.2024 n. 87 sono in vigore dal 29.6.2024[4].
 
Secondo i principi generali del diritto penale (art. 25 Cost. e art. 2 c.p.), le disposizioni avranno efficacia retroattiva solo laddove si rivelino in concreto più favorevoli al reo, mentre continueranno ad applicarsi le precedenti fattispecie in tutti i casi in cui il reato sia stato commesso in data antecedente al 29.6.2024 e la nuova disciplina si riveli più severa rispetto al passato[5].

omessi versamenti
Il DLgs. 87/2024 modifica i reati di omesso versamento delle ritenute (art. 10-bis del DLgs. 74/2000) e di omesso versamento dell’IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000), con particolare riguardo:
  • al termine di perfezionamento della fattispecie penale;
  • alla rilevanza della rateazione del pagamento del debito tributario[6];
  • alla previsione di una soglia di punibilità differente nel caso di decadenza dal beneficio della rateazione;
  • alla previsione di una causa di non punibilità connessa alla c.d. “crisi di liquidità”[7].
omesso versamento di ritenute
Per quanto riguarda le ritenute, il nuovo art. 10-bis del DLgs. 74/2000 prevede che sia punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a 150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3-bis del DLgs. 462/97.
Viene altresì precisato nella norma riformata che, in caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’art. 15-ter del DPR 602/73, il colpevole è punito se l’ammontare del debito residuo è superiore a 50.000,00 euro.
 
Le sanzioni e la soglia base di punibilità restano, dunque, immutate, mentre cambia il termine per la rilevanza penale, fissato ora al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta (a fronte della precedente versione che prendeva in considerazione il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta). Tale termine – come si legge nella relazione che illustrava il primo schema di decreto legislativo – è finalizzato a rendere effettivi i presupposti per l’avverarsi delle condizioni di non punibilità, e in particolare per l’accesso alla rateizzazione del debito relativo all’imposta evasa.
 
Nella fattispecie innovata viene preso in considerazione quanto espresso dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza 14.7.2022 n. 175, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 co. 1 del DLgs. 158/2015 nella parte in cui ha inserito le parole “dovute sulla base della stessa dichiarazione o” nel testo dell’art. 10-bis del DLgs. 74/2000[8]. Il nuovo testo fa infatti riferimento unicamente alle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.

omesso versamento iva
Viene altresì interamente sostituita la disposizione che punisce l’omesso versamento dell’IVA.
Il nuovo art. 10-ter del DLgs. 74/2000 prevede ora che sia punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3-bis del DLgs. 462/97.
 
Da notarsi la specularità della formulazione rispetto alla norma sugli omessi versamenti delle ritenute[9].
Tanto è vero che anche qui si stabilisce una ulteriore soglia di punibilità per il caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’art. 15-ter del DPR 602/73: per l’omissione dell’IVA tale soglia è riferita ad un ammontare del debito residuo superiore a 75.000,00 euro.
In estrema sintesi:
  • se il contribuente non ha aderito ad un piano di rateazione, il reato si perfeziona se l’ammontare non versato (nei termini temporali sopra definiti) è superiore a 250.000,00 euro;
  • se il contribuente ha aderito ad un piano di rateazione ma decade successivamente dal beneficio di tale rateazione, il reato si perfeziona se l’ammontare del debito residuo è superiore a 75.000,00 euro;
  • se il contribuente ha aderito ad un piano di rateazione ed è in regola con tale piano, il reato non sussiste.
indebita compensazione
In relazione al delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000, il DLgs. 87/2024 interviene sotto due aspetti:
  • in via indiretta, introducendo specifiche definizioni di “crediti non spettanti” e di “crediti inesistenti” nell’art. 1 del DLgs. 74/2000;
  • in via diretta, introducendo un nuovo co. 2-bis nell’art. 10-quater.
 
L’obiettivo perseguito dal legislatore consiste nell’introduzione di una distinzione più rigorosa, di natura anche sanzionatoria, tra le compensazioni indebite di crediti d’imposta “non spettanti” e le compensazioni indebite di crediti d’imposta “inesistenti”.

 crediti “inesistenti” e “non spettanti”
Con l’art. 1 co. 1 lett. a) del DLgs. 87/2024 vengono aggiunte, all’art. 1 del DLgs. 74/2000, specifiche definizioni per individuare i “crediti inesistenti” (co. 1 lett. g-quater) e i “crediti non spettanti” (co. 1 lett. g-quinquies).
 
Rientrano nella categoria dei “crediti inesistenti”:
  • i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
  • i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui sopra sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.
 
Sono, invece, “crediti non spettanti”:
  • i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
  • i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
  • i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza.
VALUTAZIONI SULLA NON SPETTANZA DEL CREDITO
Dopo il co. 2 del previgente art. 10-quater del DLgs. 74/2000 viene aggiunto il co. 2-bis, in cui si stabilisce che “la punibilità dell’agente per il reato di cui al comma 1 è esclusa quando, anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito”.
Trattasi di una causa speciale di non punibilità dell’indebita compensazione che si riferisce alle sole indebite compensazioni mediante crediti non spettanti, non contemplando quelle mediante crediti inesistenti.
Essa opera al ricorrere di condizioni di obiettiva incertezza sugli specifici elementi o sulle particolari qualità che fondano la spettanza del credito. Per la valutazione del giudice sulla sussistenza dell’esimente rileverà dunque anche la complessità tecnica dei processi valutativi che sottendono la presunta spettanza del credito.
Rapporto con altre cause di non punibilità
Tale nuova causa di non punibilità va coordinata con quanto previsto dall’art. 13 del DLgs. 74/2000 in materia di pagamento del debito tributario[10], nonché con quanto era già sancito dall’art. 15 del DLgs. 74/2000 ove si stabilisce che, al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa a norma dell’art. 47 co. 3 c.p. (errore su una legge diversa dalla legge penale che ha cagionato un errore sul fatto), non danno luogo a fatti punibili ai sensi del DLgs. 74/2000 le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione.

cause di non punibilità
Il DLgs. 87/2024 interviene sulla disciplina della causa di non punibilità prevista all’art. 13 del DLgs. 74/2000, in attuazione del criterio di delega di cui all’art. 20 co. 1 lett. a) n. 3 della L. 111/2023, teso a “rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario [...] adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale”.
 
Le modifiche attuate sull’art. 13 del DLgs. 74/2000 sono le seguenti:
  • la rubrica è sostituita dalla seguente: “Cause di non punibilità. Pagamento del debito tributario”;
  • i co. 1 e 2 rimangono immutati (essendo già stati modificati dal DL 124/2019 conv.
    L. 157/2019 che, tra il resto, ha inserito la possibilità di far valere la non punibilità conseguente al pagamento del debito tributario anche in caso di dichiarazione fraudolenta);
  • viene in parte modificato il co. 3;
  • vengono inseriti i co. 3-bis e 3-ter.
Coordinamento con la circostanza attenuante
Al co. 3, primo periodo, dell’art. 13 del DLgs. 74/2000, precedentemente in vigore, vengono soppresse le parole “anche ai fini dell’applicabilità dell’articolo 13-bis”.
Tale riferimento estendeva la disciplina della sospensione del procedimento (3 mesi + 3 mesi) per consentire l’estinzione dell’obbligazione tributaria mediante rateizzazione anche nei casi di attenuazione della pena (o di patteggiamento). La modifica eÌ€ conseguente alla riformulazione dell’art. 13-bis del DLgs. 74/2000[11].

Crisi di liquidità
Il nuovo co. 3-bis dell’art. 13 del DLgs. 74/2000 prevede che i reati di omesso versamento di ritenute e IVA (artt. 10-bis e 10-ter del DLgs. 74/2000)[12] non siano punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’im­posta sul valore aggiunto.
A tali fini, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di Amministrazioni Pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.
 
Tale disposizione sembra voler recepire l’ampio dibattito giurisprudenziale sulla possibile rilevanza della crisi di liquidità[13] e attua quel principio della legge delega (art. 20 co. 1 lett. b) n. 2 della
L. 111/2023) in cui si chiedeva di attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopraggiunta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso.
4.2 Particolare tenuità del fatto
Con il DLgs. 87/2024 viene introdotto anche il nuovo co. 3-ter nell’art. 13 del DLgs. 74/2000, che regola i rapporti tra la causa di non punibilità tributaria e la causa di non punibilità “generale” prevista nel codice penale per la particolare tenuità del fatto; istituto che ha avuto diverse applicazioni in materia di diritto penale tributario e che ha anche suscitato numerose questioni interpretative[14].
 
Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p., il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici:
  • l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità;
  • salvo quanto previsto al comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’Amministrazione finanziaria;
  • l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione;
  • la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. a) del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al DLgs. 14/2019.
 
Peraltro, la presa in considerazione esplicita delle condotte susseguenti al reato (pagamento integrale e parziale) si coordina con le modifiche apportate all’art. 131-bis c.p. dal DLgs. 150/2022[15].

circostanza attenuante
Il DLgs. 87/2024 interviene sull’art. 13-bis del DLgs. 74/2000 con particolare riguardo alle attenuazioni della pena.
In sintesi, la disciplina viene rivista con la possibilità di diminuire la pena fino alla metaÌ€ in caso di estinzione del debito tributario, comprensivo di sanzioni e interessi, prima della chiusura del dibattimento, disciplinando altresì un meccanismo di sospensione del processo nel caso in cui sia in corso la rateizzazione del debito.
5.1 Pagamento del debito come attenuazione della pena
Il co. 1 dell’art. 13-bis del DLgs. 74/2000 viene interamente sostituito prevedendo che, fuori dai casi di non punibilità (che restano disciplinati dal precedente art. 13)[16], le pene per i delitti tributari previsti nello stesso DLgs. 74/2000 sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’art. 12 se, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, è estinto.
Quando, prima della chiusura del dibattimento, il debito è in fase di estinzione mediante rateizzazione anche a seguito delle procedure conciliative e di adesione all’accertamento, l’imputato:
  • ne dà comunicazione al giudice che procede, allegando la relativa documentazione;
  • informa contestualmente l’Agenzia delle Entrate con indicazione del relativo procedimento penale.
Sospensione del procedimento
Viene, inoltre, aggiunto il nuovo co. 1-bis all’art. 13-bis del DLgs. 74/2000, in cui si specifica che, nei casi di cui al co. 1, secondo periodo, il processo è sospeso dalla ricezione della comunicazione. Decorso un anno la sospensione è revocata, salvo che l’Agenzia delle Entrate abbia comunicato che il pagamento delle rate è regolarmente in corso. In questo caso, il processo è sospeso per ulteriori 3 mesi che il giudice ha facoltà di prorogare, per una sola volta, di non oltre 3 mesi, qualora lo ritenga necessario per consentire l’integrale pagamento del debito. Anche prima del decorso dei termini di cui al secondo e al terzo periodo, la sospensione è revocata quando l’Agenzia delle Entrate attesta l’integrale versamento delle somme dovute o comunica la decadenza dal beneficio della rateizzazione.
 
Anche tale modifica realizza il criterio di delega più volte citato (art. 20 co. 1 lett. a) n. 3 della
L. 111/2023).
Prescrizione
Durante la sospensione del processo è sospeso il corso della prescrizione.

Patteggiamento
Altra modifica attiene al co. 2 dell’art. 13-bis del DLgs. 74/2000, il quale ora stabilisce che, per i delitti previsti dal medesimo DLgs. 74/2000, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. “patteggiamento”) può essere chiesta dalle parti solo quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, è estinto, nonché quando ricorre il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di non punibilità previste dall’art. 13 co. 1 e 2.
 
Nel sistema precedente, c’era una stretta correlazione tra circostanza attenuante e patteggiamento: se le somme erano pagate entro l’inizio del dibattimento (con possibile proroga di 6 mesi) c’erano sia l’attenuante sia la possibilità di patteggiamento. Nel nuovo sistema, di contro, non esiste più, – almeno in base ad un esame estrinseco della norma – una correlazione tra patteggiamento e attenuante. Per patteggiare sembra che tutte le somme vadano pagate entro l’inizio del dibattimento penale di primo grado e il giudice penale nemmeno potrà concedere la proroga massima di 6 mesi.
Ciò in quanto l’art. 13 co. 3 del DLgs. 74/2000, come modificato dal DLgs. 87/2024[17], non richiama più il successivo art. 13-bis e quest’ultimo prevede sì termini maggiori di pagamento per l’attenuante, ma non per il patteggiamento.

sequestro e confisca
Il DLgs. 87/2024 interviene sull’art. 12-bis del DLgs. 74/2000 in materia di confisca, sostituendo il co. 2 con una disposizione che tempera le iniziative di sequestro preventivo finalizzate alla confisca obbligatoria del profitto dell’evasione, limitandolo nei casi in cui non sussista un rischio di dispersione della garanzia patrimoniale e, conseguentemente, non risulti necessario un intervento di natura anticipatoria rispetto alla misura di sicurezza patrimoniale[18].
In particolare, il nuovo co. 2 dell’art. 12-bis del DLgs. 74/2000 dispone che il sequestro non possa essere disposto se il debito tributario eÌ€ in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i relativi pagamenti. Fa eccezione il caso in cui sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale che si può desumere dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del reo, tenuto anche conto della gravitaÌ€ del reato.
 
Conseguentemente, la rubrica dell’art. 12-bis del DLgs. 74/2000 viene modificata con l’aggiunta del riferimento al sequestro (“Sequestro e confisca”).

 
NE BIS IN IDEM” E rapporti tra procedimenti
Il DLgs. 87/2024 modifica altresì le norme del DLgs. 74/2000 dedicate ai rapporti tra procedimento penale e procedimento tributario.
Gli artt. 19, 20 e 21 del DLgs. 74/2000 già prevedevano che, quando lo stesso fatto è punito sia a livello penale sia a livello amministrativo, si applica la sola disposizione speciale, che, solitamente, è quella penale (in quanto questa presenta sovente dei tratti “specializzanti” come ad esempio il dolo specifico di evasione).
Tuttavia, l’applicazione della specialità è stata oggetto di una “interpretatio abrogans” ad opera della Corte di Cassazione, in cui il principio è stato in sostanza “eluso” sostenendo che tra violazioni fiscali e penali non esiste specialità ma un rapporto di progressione criminosa, in virtù del quale entrambe le sanzioni vanno applicate.
Per effetto del DLgs. 87/2024 vengono introdotti alcuni “correttivi”.
“Doppio binario”
Ai sensi del nuovo co. 1-bis dell’art. 20 del DLgs. 74/2000, “le sentenze rese nel processo tributario, divenute irrevocabili, e gli atti di definitivo accertamento delle imposte in sede amministrativa, anche a seguito di adesione, aventi a oggetto violazioni derivanti dai medesimi fatti per cui è stata esercitata l’azione penale, possono essere acquisiti nel processo penale ai fini della prova del fatto in essi accertato”.
Il nuovo art. 21-bis del DLgs. 74/2000, mitigando anch’esso il c.d. “doppio binario”, prevede che “la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi”.
Non hanno dunque effetto di giudicato le sentenze di non luogo a procedere del GUP (emesse al di fuori del dibattimento) e, a maggior ragione, i decreti di archiviazione del GIP, che continueranno a valere come semplici elementi di prova.
La sentenza penale irrevocabile può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a 15 giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in Camera di Consiglio.
 
Limitatamente all’assoluzione perché il fatto non sussiste, l’effetto del giudicato opera “anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati”. Ciò deriva dal fatto che nel processo penale l’imputato può essere unicamente la persona fisica che ha commesso l’illecito, mentre, al contrario, nel procedimento tributario sia le imposte che le sanzioni sono chieste alla persona giuridica, anche in ragione dell’art. 2 co.
2-bis del DLgs. 472/97.
Ne bis in idem
Viene introdotto l’art. 21-ter nel DLgs. 74/2000, secondo cui “quando, per lo stesso fatto è stata applicata, a carico del soggetto, una sanzione penale ovvero una sanzione amministrativa o una sanzione amministrativa dipendente da reato, il giudice o l’autorità amministrativa, al momento della determinazione delle sanzioni di propria competenza e al fine di ridurne la relativa misura, tiene conto di quelle già irrogate con provvedimento o con sentenza assunti in via definitiva”.
Rammentando che il richiamato art. 21-ter opera anche nei procedimenti pendenti, si tratta di norma che consente al giudice o all’ente impositore di mitigare non di poco il cumulo delle sanzioni per una stessa condotta.
Responsabilità degli enti “231”
Sia nell’art. 19, sia nell’art. 21 del DLgs. 74/2000 si fa esplicito riferimento alla responsabilità degli enti prevista dal DLgs. 231/2001. In particolare, si prevede che la nuova disciplina si applichi anche se la sanzione amministrativa pecuniaria è riferita a un ente o società quando nei confronti di questi può essere disposta la sanzione amministrativa dipendente dal reato ai sensi dell’art. 25-quinquies­decies del DLgs. 231/2001 (reati tributari commessi nell’interesse o a vantaggio di una persona giuridica).
Raccordo tra le indagini
Vengono, inoltre, previste alcune norme che hanno come fine un maggior raccordo tra indagini penali e tributarie. In particolare:
  • l’art. 129 co. 3-quater disp. att. c.p.p.[19] prevede che il PM, nel momento in cui esercita l’azione penale per reati tributari, informa prontamente la competente Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, dando notizia dell’imputazione;
  • gli artt. 32 del DPR 600/73 e 51 del DPR 633/72 prevedono, come logica conseguenza, che l’Agenzia delle Entrate informi l’autorità penale sullo stato di avanzamento della definizione tributaria.
 
 
[1]     Pubblicata sulla G.U. 14.8.2023 n. 189 ed entrata in vigore il 29.8.2023.
[2]     Si veda AA.VV. “Legge delega per la riforma fiscale (L. 111/2023)”, Schede di Aggiornamento, 8-9, 2023, p. 1321 ss.
[3]     Per un approfondimento sulle modifiche alle sanzioni amministrative tributarie, si veda Artusi M.F., Cissello A., Negro M. “Novità del DLgs. 14.6.2024 n. 87 (modifiche al sistema sanzionatorio tributario)”, Schede di Aggiornamento on line, 7, 2024.
[4]     Giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. del DLgs. 87/2024, ai sensi dell’art. 7 dello stesso.
[5]     Sul tema dell’efficacia temporale si vedano Fanelli R. “Omesso versamento di ritenute e IVA: retroattive le nuove norme penali”, www.ipsoa.it, 2.7.2024 e Poli A. “Sanzioni tributarie penali e amministrative a due velocità”, www.ipsoa.it, 28.6.2024.
[6]     Per un approfondimento si veda Di Vizio F. “L’irrefrenabile funzionalizzazione riscossiva del moderno diritto penale tributario”, Sistema Penale, 19.4.2024.
[7]     Si veda il successivo § 4.1.
[8]     Cfr. Artusi M.F. “Incostituzionale la sanzione penale per le omesse ritenute «dovute»”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 15.7.2022.
[9]     Si veda il precedente § 2.1.
[10]   Si veda il successivo § 5.1.
[11]   Si veda il successivo § 5.
[12]   Si veda il precedente § 2.
[15]   Si veda Artusi M.F “Novità sulla particolare tenuità del fatto”, Schede di aggiornamento, 1, 2023, p. 81 ss.
[16]   Si veda il precedente § 4.
[17]   Si veda il precedente § 4.
[18]   Si noti che in questo modo viene di fatto ribaltato il rapporto tra rateizzazione e sequestro preventivo rispetto alle ricostruzioni prevalenti della giurisprudenza in materia, secondo cui la confisca – cosiÌ€ come il sequestro preventivo ad essa preordinato – poteva essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verificasse l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito.
Sulle questioni interpretative connesse alla previgente disciplina si vedano, tra le altre, Cass. pen. 14.10.2020 n. 28488 e Cass. SS.UU. 11.10.2021 n. 36959.
[19]   Di cui al DLgs. 28.7.89 n. 271.
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