MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA: RICORSO ACCOLTO CON L'ATTESTAZIONE MEDICA
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MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA: RICORSO ACCOLTO CON L'ATTESTAZIONE MEDICA

MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA: RICORSO ACCOLTO CON L'ATTESTAZIONE MEDICA

23 APR 2024
L’amministrazione finanziaria ha da alcuni anni avviato controllI nei confronti delle attività di medicina e chirurgia estetica, per verificarne la esenzione o l’imponibilità delle prestazioni eseguite che, lo ricordiamo, debbono essere effettuate da soggetti abilitati all’esercizio della professione medica, per finalità diagnostica, terapeutica o curativa, devono cioè essere dirette a curare o eliminare inestetismi congeniti o traumatici o più semplicemente, mirare ad ottenere benefici psicofisici.
La dimostrazione della finalità terapeutica-curativa non traspare però dalla semplice analisi della documentazione fiscale ed il suo accertamento presuppone una conoscenza scientifica della documentazione clinica del paziente, di cognizione delle patologie sofferte e talvolta delle sue condizioni psicologiche, che costituiscono anch’esse, vere e proprie patologie.
Il riscontro della finalità terapeutico-curativa della prestazione può però rivelarsi particolarmente complessa allorquando, l’analisi anamnestica fatta dal medico prima dell’intervento, sia, unitamente alle cartelle cliniche, l’unico strumento difensivo a supporto della dimostrazione dell’esenzione, con la conseguenza che la carenza o la incompletezza della documentazione anamnestica e le difficoltà interpretative della documentazione clinica, hanno contribuito ad alimentare il contenzioso con l’amministrazione finanziaria.
Quest’ultima, è certamente colpevole di non aver mai aggiornato i chiarimenti interpretativi rispetto alla datata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 4/E del 2005, come anche constatato dalla recente giurisprudenza di merito, che per ciò, ne ha escluso l’applicazione delle sanzioni (Corte di Giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, sent. n. 889 del 27.10.2023), principio da tempo enunciato dalla giurisprudenza comunitaria (Sentenza Corte UE Commissione/Italia, 257/86, punto 12), che ha stabilito che la normativa deve essere formulata in modo inequivoco, al fine di consentire ai soggetti interessati di conoscere i loro diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso e ai giudici nazionali di garantirne l’osservanza.
La generalizzata formulazione della disposizione normativa ed il citato documento di prassi, che regolano l’esenzione, non riconoscono, alle prestazioni di medicina e chirurgia estetica, un trattamento diverso rispetto alle altre prestazioni mediche, sicché, il compito di individuarne i confini è stato lasciato alla giurisprudenza (sent., PFC Clinic AB, causa C-91/12) ed interna (Cass. sez. VI 13/10/2021 n. 27947, Cass. sez. VI 13/9/2022 n. 26906). Insomma, per godere dell’esenzione, occorre(va) dimostrarne la presenza dei requisiti soggettivo e oggettivo e cioè occorreva dimostrare la finalità della terapia, lasciando gli operatori in balia di una insufficiente certezza normativa.
In questo contesto vanno ora considerate le modifiche intervenute sul nuovo onere probatorio, introdotto dal nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del D.lgs. 546/92, che impone all’Ufficio, quale attore in senso sostanziale, l’onere di provare i fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa ed il nuovo art. 4-quater del Decreto Anticipi, che dal 17 dicembre 2023, al primo comma regola il futuro, stabilendo che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto spetta solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica, mentre al secondo comma enigmaticamente, tenta di regolare il passato, stabilendo che “Resta fermo il trattamento fiscale applicato ai fini dell’IVA alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica effettuate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Rimini n. 53/2024 (Pres. De Cono, Rel. Ercolani), si è occupata della vicenda di un medico a cui era stata contestata l’imponibilità delle prestazioni eseguite. Il medico si è difeso producendo la certificazione attestante l’iscrizione all’albo dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, unitamente alla attestazione di frequentazione di corsi presso scuole internazionali di medicina estetica ed alla produzione della documentazione clinica attestante la patologia riscontrata, ovvero il malessere psico-fisico sofferto dal paziente ed il relativo trattamento diretto a curare, prevenire, attenuare il malessere.
Tali modalità erano state riconosciute idonee dalla giurisprudenza di vertice, per assolvere all’onere probatorio, documenti già in precedenza offerti all’Ufficio in sede di contraddittorio.
Secondo il ricorrente l’Ufficio aveva poi omesso “… di provare in giudizio la propria contestazione basata su ragioni oggettive, circostanziate e puntuali” ex art. 7, comma 5-bis, D. Lgs. n. 546/92 e conseguentemente ne aveva evidenziato il vizio della motivazione che sorreggeva la pretesa che avrebbe dovuto essere rafforzata ex art. 5- ter, comma 3, D. Lgs. n. 218/97.
Infine, richiamando l’Ordinanza della Cassazione n. 6710/2022, faceva rilevare che il funzionario non era dotato di alcuna competenza scientifica per formulare giudizi su prestazioni sanitarie, facendo degradare la motivazione formulata nell’atto, a semplice opinione personale.
Il Collegio riminese dopo aver analizzato la normativa, la prassi e richiamato la giurisprudenza UE (Corte giustizia sentenza n. 91 del 21/03/2013), attribuiva al ricorrente l’onere di provare la spettanza dei requisiti per l’esenzione ritraendo i propri convincimenti dal tenore della nuova disposizione normativa, nella parte in cui ha previsto che le finalità terapeutiche debbono risultare da apposita attestazione medica.
Secondo il Collegio, non sussisterebbe, in materia di medicina estetica, un problema di interpretazione delle norme, ma di identificazione e prova delle prestazioni mediche che possono essere ritenute esenti.
Prova che nel caso di specie sarebbe stata raggiunta attraverso la produzione della documentazione offerta in giudizio, unitamente ad una perizia medico legale che ne attestava “… il fine terapeutico o preventivo”, precisando che “l’onere della prova può essere assolto con la produzione di documentazione a campione e della perizia medico legale” (Cassazione 6710/2022), classificando le controdeduzioni dell’Ufficio, come “del tutto generiche ed apodittiche oltre che indiscriminatamente estese a tutte le attività prestate dal professionista e basate essenzialmente sull'opinione personale del funzionario amministrativo, disancorata da dati normativi o da criteri di valutazione desumibili dalla scienza medica”.
Secondo la Corte riminese, l’esame della documentazione e delle prestazioni del medico ai fini dell’esenzione IVA deve essere compiuta da un esaminatore qualificato, ciò in conformità, in primo luogo, ai principi statuiti dalla Corte di Giustizia Europea (cfr. paragrafi 34, 35, 36 sentenza 2013, Corte UE, causa C-91/12) e, in secondo luogo, alla novella introdotta dalla Legge n. 130/2022 del 31 agosto 2022 che ha inserito, all’articolo 7 del Dlgs n. 546/1992 il comma 5-bis, in materia di onere della prova sopra richiamato”, spettando al Giudice la valutazione della fondatezza, della puntualità, della coerenza e della sufficienza degli elementi di prova addotti al fine di dimostrarne la non spettanza dell’esenzione o, viceversa, la sua conferma.
Ricorso accolto espese a carico dell'Ufficio.

sentenza-53-2024.pdf

 
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