LE SCELTE DEL PROFESSIONISTA MEDIOCRE E LA VOLUNTARY DISCLOSURE
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
LE SCELTE DEL PROFESSIONISTA MEDIOCRE E LA VOLUNTARY DISCLOSURE

LE SCELTE DEL PROFESSIONISTA MEDIOCRE E LA VOLUNTARY DISCLOSURE

29 NOV 2015
Procedendo con le mie riflessioni circa la conclusione della campagna sulla voluntary disclosure mi chiedevo se l’adesione alla procedura mediante l’utilizzo del metodo di determinazione delle imposte c.d. forfettario, piuttosto che del metodo analitico, nel caso in cui il metodo utilizzato abbia comportato un maggior esborso di danaro, possa costituire un danno per il cliente e quindi fonte di responsabilità per il professionista.
Soccorre in nostro aiuto la Cassazione che con la sentenza n. 24213 del 27.11.2015 che ci ricorda che l’art. 2043 c.c. prevede che ciascuno è responsabile del danno causato ad altri con una condotta colposa o dolosa.
Sul dolo non esistono dubbi che invece continuano a persistere per le condotte colpose. Secondo i Supremi Giudici la colpa di cui all’art. 2043 c.c., “ …consiste nella deviazione da una regola di condotta”, costituita, non solo dal mancato rispetto di una la norma giuridica, ma anche “… quale mancata applicazione di una doverosa cautela”.
Ed è proprio tale cautela che deve contraddistinguere la condotta del professionista in relazione agli adempimenti da eseguire.
Ma può forse definirsi prudente il comportamento di un professionista che pur a conoscenza di un diverso metodo di determinazione delle imposte (analitico), che nella stragrande maggioranza dei casi riduce il carico fiscale, abbia optato per il metodo forfettario?
Secondo la Cassazione, la “cautela” che il professionista deve usare nell’espletamento dell’incarico, è quella derivante dalla serietà e scolarità derivante dalla sua formazione e cioè quella derivante dalla sua preparazione professionale che non potrà mai essere mediocre.
L’accertamento della colpa costituisce l’accertamento della violazione delle norme giuridiche o di comune prudenza, accertamento che secondo la Cassazione va compiuto alla stregua dell’art. 1176 c.c., tra l’altro pacificamente applicabile anche alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale (ex multis, Cassazione sentenza n. 17397 del 08/08/2007).
La norma civilistica citata, impone insomma al debitore di adempiere alla propria obbligazione “con la diligenza che rappresenta l’inverso logico della nozione di colpa.
Secondo i Giudici è colpevole chi non è stato diligente, “là dove chi tiene una condotta diligente non può essere ritenuto in colpa”, colpa che verrà in evidenza allorquando il preteso responsabile non solo abbia causato un danno, ma l’abbia fatto violando norme giuridiche o di comune prudenza, sicché parrebbe indiscutibile che la scelta più onerosa per il contribuente, oltre a rimostrare una mediocrità professionale, evidenzia l’esistenza di un danno, che andrà valutato diversamente a seconda che esso sia la
  1. conseguenza dell’inadempimento di obbligazioni comuni,
  2. la conseguenza dell’inadempimento di una attività professionale.
Nel primo caso, il parametro della valutazione della condotta del responsabile del danno, va ricercato nel comportamento che avrebbe tenuto il cittadino medio ovvero il bonus pater familias: vale a dire “ la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità”.
Nel secondo caso e cioè in quello dei danni causati nell’esercizio di una attività professionale, il parametro di valutazione della condotta del responsabile del danno, va ricercato nel comportamento che avrebbe tenuto un ideale professionista medio e cioè per dirla con le parole della Corte il c.d. “homo eiusdem generis et condicionis”.
In sostanza la Cassazione, applicando il dettato del secondo comma del dell’art. 1176 c.c., prescrive, per i professionisti, un criterio di accertamento della colpa più rigoroso, criterio che distingue i professionisti “mediocri” da quelli “bravi” e cioè per dirla con le parole della Corte, bravi che vuol dire seri, preparati, zelanti ed efficienti.
Alla luce di questo insegnamento possiamo concludere che la responsabilità professionale è quindi conseguenza di una condotta professionale mediocre, che si esplicita nell’aver applicato una metodologia di tassazione più semplice (forfettario), ma più onerosa per il contribuente, piuttosto che una diversa metodologia certamente più impegnativa e complessa (analitica), ma che avrebbe comportato una minore spesa (il danno).
Ovviamente tutte le conclusioni a cui siamo giunti devono essere temperate dal contenuto dell’incarico e cioè dalla esplicitazione nell’ambito del contratto professionale della scelta del contribuente e dalla completa informazione ricevuta dal professionista circa l’esistenza dei due metodi e la scelta effettuata.
La responsabilità povrà altresì essere ulteriormente temperata dal tempo concesso al professionista per l’analisi della documentazione e per la predisposizione dell’istanza e cioè valutata in funzione ed in relazione della data dell’incarico.  

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