LA DILIGENZA RICHIESTA AL CESSIONARIO IN CASO DI FRODI IVA COMMESSE A MONTE
30 LUG 2024
Con l’ordinanza n. 14102/2024 la Cassazione si è pronunciata sul grado di diligenza esigibile dal cessionario al fine di non essere coinvolto nelle operazioni fraudolente commesse a monte. Nella specie la Corte ha cassato la sentenza di II grado la quale aveva ritenuto sussistente la consapevolezza della frode IVA in capo al cessionario valorizzando esclusivamente elementi indiziari attinenti alla struttura organizzativa del cedente (assenza di manodopera) senza verificare anche le eventuali ricadute negoziali derivanti dall'assenza di organizzazione del fornitore, ovvero "se vi fossero stati livelli fuori mercato dei prezzi di cessione, patti di retrocessione della quota IVA versata ovvero anomale dinamiche di approvvigionamento, di stoccaggio della merce e di pagamento". Al contrario, era emerso che l'impresa cedente risultava regolarmente iscritta al Registro delle Imprese e a una più approfondita analisi della struttura organizzativa della stessa il contribuente non vi avrebbe potuto procedere con gli stessi strumenti di indagine di cui possono disporre gli Uffici finanziari. La Corte afferma, infatti, che “le cautele che il cessionario è tenuto ragionevolmente ad adottare, perché si escluda il suo coinvolgimento, anche solo per colpevole ignoranza, nella frode commessa a monte, non possono attingere a verifiche complesse e approfondite, analoghe a quelle che l'amministrazione finanziaria avrebbe i mezzi per effettuare”.