La confisca si applica all'evasione La confisca prevista dal Codice antimafia si applica anche al patrimonio accumulato grazie all'evasione fiscale. Se non è possibile dimostrare la lecita provenienza di beni di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, quei beni devono tornare allo Stato, come previsto dal dlgs n. 159/2011. E se l'evasore potrebbe aver occultato ulteriori proventi delle frodi sfuggiti al sequestro, allora diventa un sorvegliato speciale. Perché il soggetto, specie se le somme evase ammontano a decine di milioni di euro, è una persona a tutti gli effetti «socialmente pericolosa» e potrebbe reiterare la truffa. Il verdetto a cui è giunta la sezione penale del tribunale di Cremona con la pronuncia del 22 gennaio 2013 non ha precedenti in materia di evasione: al contribuente vengono imposti per tre anni l'obbligo di dimora, il divieto di allontanarsi dall'abitazione senza preventiva comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza, l'obbligo di ricercare un lavoro entro tre mesi, il divieto di frequentare pregiudicati e di trattenersi abitualmente in bar o locali, nonché l'obbligo di rincasare entro le ore 23 e di uscire dopo le 7 del mattino. Sono 135 le pagine dell'ordinanza con il quale il giudice estensore Pierpaolo Beluzzi ha applicato la misura preventiva di sorveglianza speciale, oltre alla confisca di beni mobili e immobili. Ottenuti, secondo la dettagliata indagine della Gdf di Cremona, attraverso una mega-frode ai danni dell'erario. Un sistema di cooperative e consorzi articolati su tre livelli che, tramite l'emissione di fatture false, aveva consentito all'imputato di accumulare un patrimonio da 25 milioni di euro: dalla casa con piscina, palestra e campi da tennis all'azienda agricola, passando per un allevamento di cavalli, tre bar nel centro di Lodi, una collezione di auto di lusso (tra le quali Ferrari, Porsche, Mercedes e Bmw), uno yacht Riva di 28 metri del valore di quasi 5 milioni di euro, un van per il trasporto cavalli da 350 mila euro e tre posti barca, due box e un posto auto al porto di Genova al costo di 1,6 milioni. A questi vanno aggiunti gioielli, orologi, prelievi mensili dai conti correnti fino anche a 200 mila euro e canoni di leasing da 50 mila euro. Tenore di vita ritenuto non compatibile con le dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente, che tra il 2000 e il 2009 aveva dichiarato redditi variabili tra i 72 mila e i 415 mila euro, per un totale di 2,2 milioni di euro lordi. Le Fiamme gialle hanno man mano messo in campo tutti gli strumenti di indagine. In primo luogo l'incrocio delle banche dati, confrontando i redditi presentati con i vari asset patrimoniali intestati al soggetto e ai suoi familiari. Sono seguiti appostamenti volti ad accertare l'esistenza e la reale attività delle cooperative. Poi si è passati alle intercettazioni telefoniche disposte sulle utenze in uso ai soggetti emersi nel corso dei primi accertamenti: da qui la Gdf ha iniziato a ricostruire l'articolato meccanismo finalizzato ad evadere l'Iva a debito dovuta all'erario. Le coop venivano riunite in consorzi interdipendenti tra loro, intestate a prestanomi, aperte e chiuse in temi brevi per rendere più difficoltosi i controlli. Sono perciò scattate le perquisizioni autorizzate dalla Procura, dalle quali emergeva la documentazione che ha consentito ai militari di procedere alla contestazione fiscale, anche dopo aver acquisito numerose prove testimoniali. Nonostante la maxi-operazione, però, la presunta disponibilità di somme occultate presso una banca di San Marino fa ritenere al tribunale «che il provvedimento di sequestro non abbia colpito l'intero patrimonio accumulato con i proventi di attività delittuose, con conseguente persistente pericolosità sociale». Da qui la decisione di applicare nei confronti dell'imputato le misure preventive «straordinarie» e la confisca.