CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
LA CASSAZIONE PER ORA

LA CASSAZIONE PER ORA "SVILISCE" IL REATO DI FALSO IN BILANCIO

30 LUG 2015
La Cassazione con la sentenza 33774 del 30.07.2015 “svilisce” il reato di falso in bilancio di cui alla legge 27 maggio 2015, n. 69, norma che aveva generato molteplici perplessità in dottrina e notevoli preoccupazioni tra gli operatori. La Cassazione, con 150 pagg. di motivazioni, fuga così ogni dubbio ed interpretando la novella afferma che l’imprenditore può essere punito solo per i fatti non veri con esclusione dell’operatività sulle valutazioni. Al legislatore è infatti bastato eliminare dall’art. 2621 c.c. la locuzione “ancorchè oggetto di valutazioni” per escludere la condanna per tutte le valutazioni di bilancio, poiché, secondo la Cassazione, il nuovo testo, nel parlare di “fatti materiali” circoscrive la punibilità ai soli dati oggettivi, con esclusione, quale che ne sia la sfera percentuale, dei “fatti” in generale e delle “valutazioni” in particolare. La valutazione degli ermellini è stata per lo più fondata sull’esame delle norme del Codice civile che disciplinano il contenuto del bilancio societario, ossia gli articoli 2423 e seguenti e segnatamente sul modello di stato patrimoniale di cui all’articolo 2424 del Codice civile, ove risulta che la stragrande maggioranza delle poste ivi contemplate è frutto di procedimenti valutativi, disciplinati dall’articolo 2426.  Si pensi ai crediti (per i quali vale il criterio del “presumibile valore di realizzo”), alle immobilizzazioni immateriali (quantomeno con riguardo alla procedura di ammortamento, parametrata alla “residua possibilità di utilizzazione”), all’ammortamento soprattutto dell’avviamento (che nella prassi giudiziaria costituisce sovente il punto di riferimento dell’attendibilità del bilancio), alle rimanenze, alle partecipazioni, allo stesso capitale sociale soprattutto se formato attraverso conferimenti in natura, agli accantonamenti per rischi ed oneri futuri (soprattutto nel caso di imprese in difficoltà).  Si può, dunque, arrivare a pensare che  l’espressione “fatti materiali” riguardi solo situazioni, indubbiamente importanti ma non esclusive quali i ricavi “gonfiati”, costi sostenuti ma non indicati, falsità aventi a oggetto conti bancari, crediti lasciati in bilancio nella misura precedente pur trattandosi di impresa fallita, mancata svalutazione di una partecipazione pur a fronte del fallimento della società controllata, omessa indicazione di un debito derivante da un contenzioso ormai definitivamente perduto. In sostanza si deve distinguere, al fine dell’individuazione dell’essenziale elemento richiesto dalla norma con la formula “fatti materiali”, tra i casi in cui il procedimento valutativo sia collegabile a una realtà sottostante oramai divenuta insussistente e quelli in cui si tratti di un debito ascrivibile alla categoria dei “fatti” e non a un’operazione di stima, con la conseguenza che, in questi ultimi casi, l’associazione o la mancata associazione di un valore a tali realtà sottostanti  si traduce in un’affermazione mendace di esistenza o di inesistenza di un fatto materiale (quale una partecipazione, un credito, un debito), a prescindere dall’entità del valore ad esso associato. Rimane, però aperta la questione della potenziale rilevanza penale dell’indicazione di simili accadimenti nella sola nota integrativa, senza darsi conto delle conseguenze sulle appostazioni quantitative negli schemi di bilancio. In simili casi, infatti, l’assenza di concreta insidiosità della condotta potrebbe peraltro portare alla non tipicità penale del comportamento. 
Secondo autorevole dottrina, che aveva anticipato le valutazioni della Suprema Corte, i margini di operazioni c.d. ”manipolative” del bilancio,
  appaiono non fondate;
  risultano, invece, apprezzabili quelle ricostruzioni del nuovo sistema sanzionatorio che ritengono finalmente e definitivamente allontanato il rischio che si possa essere chiamati a rispondere di false comunicazioni sociali per l’indicazione di poste di bilancio che siano il frutto di attribuzione di valori di per sé insuscettibili di un fermo e rigoroso aggancio ad un preciso ed esclusivo dato quantitativo.
 
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