Continua ad assistersi alla proposizione, a cuor leggero e da parte di pseudo professionisti senza scrupoli, di azioni giudiziarie e di responsabilità verso amministratori, sindaci, revisori e professionisti incaricati di valutare la fattibilità (advisor ed asseveratore), dell'accesso ad una operazione negoziale diretta al superamento della crisi.
La questione analizzata dal Tribunale di Firenze, ha riguardato l'azione di responsabilità dei creditori sociali esercitata dal curatore fallimentare di una spa, ex art. 146 l.f. del RD 267/42 che ha concluso affermando che affinchè vi sia la responsabilità, occorre che tale domanda risulti “abusivamente proposta”, ossia appaia, secondo un giudizio ex ante, irrazionale e arbitraria, e quindi del tutto infondata.
Secondo detti giudici, l'obbligo gestorio di individuare adeguati assetti organizzativi, anche in funzione della tempestiva rilevazione della crisi, potrebbe sovrapporsi con altri obblighi apparentemente confliggenti, di:
- gestione conservativa del patrimonio sociale, in ottica liquidatoria (in caso di perdita del capitale);
- attivazione di uno strumento di risoluzione e superamento della crisi, in una logica di generale preferenza per il recupero o la prosecuzione della continuità aziendale.
Per trovare un punto di equilibrio, occorre guardare al perseguimento dell’interesse dei creditori, che:
- costituisce il parametro per valutare la legittimità della condotta degli amministratori nel selezionare lo strumento più idoneo tra un piano di salvataggio dell’impresa (che ne preservi redditività e valore dell’assetto organizzativo) e l’immediata presentazione dell’istanza di fallimento;
- deve essere garantito ex lege dall’amministratore per il tramite della relazione dei professionisti che attesti la fattibilità del piano proposto.
Insomma, secondo il Tribunale di Firenze ... posto che la proposizione di richiesta di una procedura concorsuale o di una procedura alternativa da parte di una società in crisi o insolvente, in luogo della dichiarazione di fallimento, è prevista dall'ordinamento, in astratto, come del tutto legittima e, anzi, può rivelarsi in concreto maggiormente opportuna rispetto all'opzione alternativa, gli amministratori e gli organi sociali possono essere ritenuti responsabili, con riguardo al pagamento di professionisti incaricati di verificare le condizioni di una richiesta concordataria, nonché di redigere le relative relazioni tecniche, soltanto laddove l'istanza di concordato risulti essere stata proposta abusivamente, ossia appaia, secondo un giudizio ex ante, irrazionale e arbitraria, e dunque del tutto infondata.
L'arbitrarietà della domanda di concordato dev'essere, tuttavia, appurata non sulla scorta della semplice declaratoria di inammissibilità, né tantomeno in ragione, sic et simpliciter, dell'intervenuto rigetto da parte del Tribunale, occorrendo invero un quid pluris, in specie rappresentato dalla conoscenza ex ante dell'insussistenza dei presupposti per adire la procedura - conoscenza che vale a connotare in termini di abuso del diritto o, quantomeno, a qualificare alla stregua di atto di mala gestio e di negligenza dell'organo gestorio una domanda altrimenti qualificabile in termini di attività lecita e, anzi, economicamente conveniente sotto il profilo dell'ottica aziendalistica (Tribunale di Milano Sez. Imprese, Sent. n. 6028/2022 dell'8.7.2022; Trib. Milano, Sent. 01.06.2020, in cui è stata accertata e dichiarata la responsabilità degli amministratori per la presentazione di una domanda di concordato abusiva, siccome unicamente finalizzata a procrastinare in maniera fraudolenta il fallimento).
Al curatore la condanna delle spese di lite e del danno ex art. 96 comma 3 c.p.c.