IL TRASFERIMENTO DI RESIDENZA FISCALE EFFETTIVA PREVALE SU QUELLA FORMALE
22 OTT 2020
Oggi torniamo ad occuparci del concetto di residenza fiscale e del pensiero dell’amministrazione finanziaria o meglio della Corte di legittimità seppure in relazione al rigetto del ricorso avverso il sequestro preventivo emesso con riferimento al reato di dichiarazione infedele.
La materia del contendere è sempre la residenza fiscale o meglio il trasferimento in un Paese Black List (Emirati Arabi).
Il calciatore ricorrente aveva trasferito la sua residenza all’estero, sostenendo di aver ivi trasferito anche i propri interessi affettivi e vitali, (la moglie, i figli, l’abitazione, gli allenamenti, un’automobile con patente di guida locale e l’iscrizione ad un circolo privato), elementi che avrebbero dovuto corroborare il suo dichiarato trasferimento della residenza. La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29095 del 03/12/2019 ha rigettato il ricorso del calciatore, avverso un decreto di sequestro preventivo, ritenendo sufficientemente motivat il provvedimento del Tribunale del riesame che doveva verificare l’esistenza del “fumus” del reato.
I giudici, dopo aver ricordato il contenuto dell’art. 2 del TUIR, hanno riconosciuto il percorso argomentativo utilizzato per la richiesta di sequestro poiché fondato su una serie di elementi emersi dall'indagine.
Segnatamente gli ermellini hanno ricordato che il comma 2 dell’art. 2 del TUIR stabilisce una presunzione di residenza in Italia per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Paesi a fiscalità privilegiata ed hanno rigettato il ricorso perchè il calciatore aveva continuato a versare in Italia i contributi per i collaboratori domestici, aveva mantenuto numerosi investimenti finanziari e conti correnti, oltre alla proprietà di autoveicoli e motoveicoli. Inoltre lo stesso aveva continuato a pagare le utenze relative agli immobili di Lecce e Roma, sostenendo rilevanti spese (tracciate) in Italia e pagando la frequentazione degli istituti scolastici dei figli, elementi che secondo i giudici denotavano il mantenimento di un effettivo e sostanziale domicilio in Italia per più di 183 giorni.