IL FIDUCIANTE DI PARTECIPAZIONI SOCIALI E' LEGITTIMATO ALL'AZIONE RISARCITORIA DI TERZO
29 MAG 2018
Con la Sentenza di cui Cassazione civile, sez. I, 14 Febbraio 2018, n. 3656, la Suprema Corte è tornata ad esprimersi sulla legittimazione processuale del soggetto fiduciante di partecipazioni sociali avverso la mala gestio dell'amm.re della società. Sul punto, difatti, è stato espresso il principio secondo cui "In tema di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, il fiduciante, il quale lamenti che il mancato esercizio del diritto di opzione, con la conseguente definitiva uscita dalla società, sia dipeso dalla falsità della situazione patrimoniale, redatta dagli amministratori e sottoposta all'assemblea ai fini dell'abbattimento e della ricostituzione del capitale ex art. 2447 cod. civ., è legittimato attivo all'azione individuale del terzo, di cui all'art. 2395 cod. civ., per il risarcimento del danno a lui direttamente cagionato dalla lesione al diritto al ritrasferimento della partecipazione sociale". Ripercorso brevemente l'istituto in questione, sostenendo che l'intestazione fiduciaria è descritta come la situazione in cui il trasferimento del bene in favore del fiduciario viene limitato dall'obbligo inter partes al ritrasferimento, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae, laddove manca, in detta figura, qualsiasi intento liberale, e la posizione di titolarità creata si palesa "soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante (Cass. 14 luglio 2015, n. 14695, in tema di immobili; 29 febbraio 2012, n. 3134, sull'azienda, ed altre). Si afferma pure frequentemente che il negozio fiduciario rientra nella categoria dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, in quanto il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico.
Se ne deduce che l'azione esperita va, dunque, ricondotta nell'ambito della categoria generale della "lesione aquiliana del credito": figura da tempo affermatasi, la quale ricomprende peraltro casi eterogenei, in cui l'ingiustizia del danno coincida con la lesione di una situazione soggettiva relativa.
Secondo un consolidato principio, invero, esiste "un dovere di rispetto dell'altrui sfera giuridica che porta a qualificare come "ingiusto", ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., il danno arrecato al creditore da un "terzo" che con il suo comportamento doloso o colposo abbia pregiudicato l'adempimento del debitore" (Cass. 3 dicembre 2002, n. 17110): non trovando ciò più ostacolo nel carattere relativo del diritto, "in considerazione della nozione ampia ormai generalmente accolta di danno ingiusto come comprensivo di qualsiasi lesione dell'interesse che sta alla base di un diritto, in tutta la sua estensione; trova, in tal modo, protezione non solo l'interesse rivolto a soddisfare il diritto (che, nel caso di diritti di credito, è attivabile direttamente nei confronti del debitore della prestazione oggetto del diritto), ma altresì l'interesse alla realizzazione di tutte le condizioni necessarie perchè il soddisfacimento del diritto sia possibile, interesse tutelabile nei confronti di chiunque illecitamente impedisca tale realizzazione".