IL FALLIMENTO DI PER SE NON IMPLICA LA BANCAROTTA DEGLI AMMINISTRATORI DI DIRITTO
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
IL FALLIMENTO DI PER SE NON IMPLICA LA BANCAROTTA  DEGLI AMMINISTRATORI DI DIRITTO

IL FALLIMENTO DI PER SE NON IMPLICA LA BANCAROTTA DEGLI AMMINISTRATORI DI DIRITTO

07 FEB 2018
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9951 del 2018 ha stabilito che il fallimento di una società non determina automaticamente la responsabilità degli amministratori di diritto per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in caso mancato rinvenimento di cespiti. Il caso trae origine dal fallimento di una s.r.l., in seguito al quale venivano rinviati a giudizio, insieme ad altri due amministratori del Cda, il presidente e un consigliere senza deleghe per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale stante il mancato rinvenimento di alcuni cespiti. La difesa di questi ultimi, si basava sul fatto che il primo aveva rimesso il suo mandato di presidente dopo cinque mesi e l’altro era sempre stato estraneo alla dinamiche organizzative e aziendali della società. Nonostante la carica formale da loro assunta, erano gli altri due consiglieri gli effettivi dominus della società avendo sempre impartito gli ordini di gestione. La Corte di Appello di Potenza condannava però anche loro, ritenendo che la posizione di garanzia gravante sugli stessi in funzione della funzione espletata, gli imponeva di attivarsi onde impedire la commissione di atti depauperativi del patrimonio. Proponevano così ricorso in Cassazione, la quale si esprimeva ritenendo inappagante la motivazione della Corte di Appello, in quanto il richiamo alla posizione di garanzia non è sufficiente a giustificare la loro responsabilità per ogni atto depauperatorio del patrimonio. Nel caso, infatti, di mancato reperimento dei cespiti aziendali presso gli amministratori di diritto della società fallita non è possibile, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione loro conferita, presumere automaticamente la loro sottrazione dolosa, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto. La Corte precisa che il giudice distrettuale avrebbe dovuto comunque verificare che i ricorrenti avevano rinunciato al loro ruolo di garanti del patrimonio aziendale favorendo così le manovre occulte degli altri amministratori di diritto e/o di fatto.
 
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