IL CURATORE DEVE PROVARE LA CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA
17 APR 2025
Nel Codice della Crisi non muta rispetto al RD 267/42 la norma sull'onere probatorio degli "atti normali", contenuta nell'art. 166 co. 2 del DLgs. 14/2019, secondo cui gli stessi sono revocati solo se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore.
Essendo atti che non presentano anomalie, occorre provare l'esistenza del fatto ignoto tramite la conoscenza (effettiva) e non la conoscibilità (potenziale) da parte del convenuto. La Cass. n. 7013/2025 ha precisato che la consapevolezza dello stato d'insolvenza del debitore da parte del terzo (scientia decoctionis) può essere desunta da elementi indiziari, la cui valutazione deve essere effettuata dal giudice in modo globale.
Tali elementi devono essere idonei, nel loro complesso, a dimostrare che il terzo, utilizzando la normale prudenza e avvedutezza, rapportata alle sue qualità personali e professionali e alle condizioni operative di mercato, non possa non percepire i segnali rivelatori della decozione.
Il curatore deve fornire la prova della conoscenza dello stato d'insolvenza non sulla rilevazione diretta, ma sulla base di fatti indiretti presuntivi, che il giudice deve valutare nella loro globalità, esaminandoli analiticamente (attribuendo un peso ponderale a ciascuno di essi) e sinteticamente (nel loro insieme logico e di contesto), con apprezzamento se la relativa combinazione può essere in grado di fornire una plausibile e valida prova presuntiva.