IL COMPENSO DELL'AMMINISTRATORE MITIGA LO STUDIO DI SETTORE
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO

IL COMPENSO DELL'AMMINISTRATORE MITIGA LO STUDIO DI SETTORE

23 AGO 2016
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze con la sentenza n. 866/5/16 del 09.06.2016 afferma che il lieve scostamento dallo studio di settore e la percezione dei compensi degli amministratori influenzano lo studio di settore ...
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La società "Alfa Srl" in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, si è tempestivamente opposta all'avviso di accertamento in epigrafe con ricorso presentato ai sensi dell'ART. 17 BIS del D.Lgs n. 546/1992. L'atto impugnato si riferisce ai tributi IVA-IRES-IRAP accertati per l'anno 2009.
Fatto.
La società comparente ha ricevuto l'avviso in oggetto in seguito all'applicazione degli studi di settore che avevano evidenziato uno scostamento fra i ricavi dichiarati e quelli accertati di € 27.144,00 (€ 656.795,00 dichiarati; € 683.939,00 accertati dall'Ufficio in base allo studio di settore UG75U applicabile all'attività svolta dalla società di "Installazione di impianti elettrici".).
Nel rispetto del giusto procedimento e del principio di cooperazione tra A.F. e contribuente, la società veniva invitata al contraddittorio con atto notificato il 13.6.2013.
Tale richiesta rimaneva inevasa e pertanto l'Ufficio- verificata l'applicabilità dello studio di settore al caso concreto oggetto di accertamento, procedeva all'emissione dell'atto de quo contro cui la parte si opponeva prima con istanza di reclamo/mediazione e poi con ricorso.
L'Ufficio, ai soli fini deflativi del contenzioso, proponeva a controparte una rideterminazione dei maggiori ricavi in € 13.5672,00, ma tale richiesta rimaneva inevasa.
Tutto quanto premesso e dedotto la ricorrente eccepisce l'illegittimità del ricorso da parte dell'Ufficio all'art. 39, 1 comma, lett. d) del DPR n. 600/73 in quanto le presunzioni sulle quali si basa l'Ufficio non presentano i requisiti di gravità, precisione e concordanza, non sono cioè presunzioni "qualificate", così come stabilisce la norma suddetta.
Inoltre l'Ufficio non ha considerato il fatto che nella società lavorano anche i soci amministratori per cui andando a rielaborare lo studio stesso con omissione del costo per compensi amministratori il risultato che se ne ottiene è quello di completa congruità, coerenza e normalità.
La ricorrente fa infine rilevare che lo scostamento del caso di specie rappresenta soltanto il 4,12% del totale ricavi dichiarati e tale anomalia rientra ampiamente nei casi fisiologici aziendali.
Per quanto riportato chiede pertanto che venga dichiarata l'illegittimità della pretesa erariale e conseguentemente che venga dichiarata l'illegittimità dell'avviso di accertamento impugnato con soccombenza dell'Ufficio alle spese di giudizio.
L'Ufficio ritualmente costituitosi, insiste nella pretesa stante la correttezza del proprio comportamento. Chiede pertanto il rigetto del ricorso con vittoria di spese di lite.
Motivi della decisione.
L'Ufficio, premesso che lo studio di settore costituisce uno strumento predisposto dal Legislatore al fine di effettuare accertamenti di tipo induttivo in merito sia alle imposte dirette (art. 39, co. 1 lett. d) DPR 600/73) sia ai fini IVA (art. 54 DPR n. 633/72), si prefigge di identificare la capacità reddituale potenziale del contribuente medio di ogni categoria economica mediante l'analisi dei dati contabili ed extracontabili.
Sulla base di tali elementi, l'Ufficio può procedere ad accertamento induttivo, laddove emergano gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi o i corrispettivi dichiarati e quelli da essi emergenti.
Ebbene, nel caso che ci occupa, non pare proprio che si possa parlare di gravi incongruenze quando lo scarto fra quanto dichiarato e quanto accertato è rappresentato da una differenza di appena il 4,12%.
Una percentuale del genere non rappresenta certamente una grave incongruenza che legittima il ricorso a tale tipologia di accertamento.
La Commissione rileva inoltre che nel caso di specie lavorano tre operai oltre ad un apprendista ed ai soci amministratori che svolgono attività lavorativa in seno alla società. La circostanza determina una commistione del" socio lavoratore" e quella del" socio amministratore".
Ebbene nelle società di capitali, come la ricorrente, spesso i soci che lavorano ogni giorno all'interno della società- vengono retribuiti mediante l'erogazione di compensi di amministrazione il cui importo (nell'anno in questione pari ad € 56.149,00) non è commisurato alla sola attività di amministrazione (piuttosto limitata nel tipo di società in oggetto), ma comprende la retribuzione spettante al socio in veste di "lavoratore/investitore".
Una tale circostanza fa sì che la voce "costi per servizi" venga "appesantita" da tale importo (compenso di amministrazione) che, nelle società di persone, verrebbe a riversarsi nell'utile attribuito per trasparenza ai soci.
La Commissione osserva che se si rielaborasse lo studio di settore in oggetto non indicando tale costo per compensi di amministrazione, l'esito dello studio sarebbe congruo, coerente e normale.
Anche la "palese antieconomicità" nell'esercizio dell'attività d'impresa contestata dall'Ufficio, non appare conforme a realtà poiché tutti i bilanci del 2009 e precedenti, hanno chiuso con risultati economici sempre positivi confermando la legittimità del ricorso.
Infine, si ritiene opportuno segnalare che, nell'anno preso in esame dall'Ufficio, la comparente ha effettuato una serie di investimenti nel settore fotovoltaico i cui frutti potranno vedersi soltanto negli anni successivi.
Pertanto per quanto argomentato e dedotto, la Commissione accoglie il ricorso e condanna l'Ufficio al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La C.T. accoglie il ricorso e dichiara nullo l'atto impugnato. Condanna l'Ufficio al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.500,00 oltre accessori.


 
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