I CORRISPETTIVI DA CESSIONE DEL MARCHIO NON SONO REDDITI DI LAVORO AUTONOMO
30 SETT 2021
La ctr della Lombardia con sentenza n. 2123/2021 ha affermato che il corrispettivo derivante dalla vendita di un marchio al di fuori dell’esercizio di impresa non può essere inquadrato tra i redditi di lavoro autonomo, come avviene, invece, per “i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno” (articolo 53, comma 2, lettera b, del Tuir). La vicenda oggetto di contenzioso traeva origine dalla notifica di un avviso di accertamento per l’anno d'imposta 2014 con il quale l'Ufficio riprendeva a tassazione, quale reddito di lavoro autonomo, ex art. 53, comma 2, lettera b), del T.U.I.R., l'importo di euro 90.000,00 corrispondente alla somma percepita nell'anno 2014 quale parte del corrispettivo della cessione del marchio, euro 120.000,00, al netto della deduzione forfettaria prevista dall'art. 54, comma 8, del T.U.I.R. e pari al 25% dell'importo (ossia, euro 30.000,00). La CTP rigettava il ricorso affermando che “risulta provato che il marchio oggetto di cessione costituisce opera dell'ingegno ed è stato oggetto di un brevetto, con la conseguenza che la cessione del marchio va ricondotta nell'ambito di operatività dell'art. 53, comma 2, lett. b)”. Secondo i giudici di secondo grado tale interpretazione è errata in quanto il marchio, quale segno distintivo di prodotti e servizi, è cosa diversa dall'opera dell'ingegno che trova la sua disciplina nel libro quinto del lavoro del codice civile sotto il titolo che si occupa dei "diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni industriali". Equiparare il marchio alle opere di ingegno, infatti, rappresenta il frutto di una interpretazione analogica (non semplicemente estensiva del dato letterale contenuto nell'art. 53, lett. b, TUIR) che, in quanto tale, non è consentita nel diritto tributario quando l'operazione ermeneutica investe, come nel caso di specie, il presupposto dell'imposta.