La buona notizia è che la L. 106/2021 ha modificato l’art. 26 del DPR 633/72, introducendo la possibilità di emettere la nota di variazione Iva già “dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale” , (ricordiamo che ci si riferisce alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, alla data del decreto di ammissione al concordato preventivo, alla data del provvedimento della liquidazione coatta amministrativa o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi).
La cattiva notizia è che la nuova disciplina si applica alle procedure aperte dopo il 26 maggio 2021, per le altre è ancora necessario attendere il momento in cui la procedura ha manifestato la propria “infruttuosità”, come chiarito dalla prassi dell’amministrazione finanziaria (C.M. n. 77/2000, risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 328/2019).
Mantiene tutta la sua validità il filone interpretativo inaugurato dalla Corte di Giustizia Ue il 23 novembre 2017, causa C-246/16, il cui orientamento è stato confermato dalla sentenza della Cassazione n. 25896/2020, che ha stabilito che la variazione dell’IVA in diminuzione non richiede la certezza dell’irrecuperabilità del credito, derivante dall’infruttuosità della procedura fallimentare, qualora quest’ultima possa avere una durata anche superiore a 10 anni, come si verifica generalmente in Italia.
La novella normativa ha altresì stabilito che, ai sensi del nuovo comma 5-bis dell’art. 26 del DPR 633/72, qualora il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, successivamente alla data di avvio della procedura concorsuale, il cedente o prestatore deve effettuare una variazione in aumento, al fine della rivalsa dell’imposta. Di riflesso, il cessionario o committente, previa registrazione del documento di addebito, ha il diritto di portare in detrazione l’IVA corrispondente alla variazione in aumento. Nelle ipotesi di procedure a fronte della nota di variazione in diminuzione del cedente o prestatore, la controparte non è tenuta a registrare la variazione in aumento nei registri IVA, (la facoltà di riduzione dell’imposta da parte del fornitore non si traduce in un debito verso l’Erario per la procedura), come chiarito dalla circolare dell’ Agenzia delle Entrate n. 12/2016, mentre l’obbligo di assolvimento dell’IVA, per il cessionario o committente, era stato confermato sia nell’ipotesi di piano attestato di risanamento (risposta a interpello n. 110/2018) sia nell’ipotesi di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ex art. 182 bis del RD 267/42 (risposta a interpello n. 340/2021). Tra gli aspetti da chiarire rispetto alla nuova disciplina di emissione delle note di variazione in diminuzione, vi è la conferma in merito al termine ultimo per l’esercizio del diritto alla detrazione ai sensi dell’art. 19 comma 1 del DPR 633/72. A livello prettamente letterale, infatti, è stabilito che il predetto diritto è esercitabile “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”, il che nella fattispecie dovrebbe corrispondere al momento di avvio della procedura.Tuttavia, nell’ambito di alcune delle procedure concorsuali, tale impostazione potrebbe condurre alla scadenza del termine per l’esercizio del diritto alla detrazione senza che siano stati determinati gli importi oggetto della nota di variazione (e senza la possibilità quindi di emettere il documento). Ci sembra ragionevole ritenere che possa accettarsi quell’interpretazione che permetta di computare il decorso del termine dal momento in cui il fornitore ottiene la ragionevole certezza del quantum del credito che potrà essere incassato (invece che dal momento di avvio della procedura stessa).