Ogni violazione tributaria, come ogni illecito (penale o amministrativo, di cui l’illecito tributario ne costituisce una sottospecie), è costituita da due elementi, oggettivo, ovvero una condotta sussumibile nella norma di comportamento “violata” e soggettivo, ovvero che tale comportamento (oggettivo) deve essere anche ascrivibile all’autore, costituendo, altresì, il limite alla punibilità.
Per completezza si evidenzia che il bene giuridico protetto con le sanzioni tributarie è l’interesse ad una tempestiva contribuzione, in ragione della capacità contributiva, attraverso un efficiente funzionamento del sistema fiscale. Il bene giuridico protetto dovrebbe – quindi – coincidere con il contenuto dell’art. 53 Cost., nei termini in cui a tale ultimo articolo si ascrivono: il dovere al concorso alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva, l’interesse fiscale ad una pronta acquisizione delle entrate ed il corretto funzionamento del sistema procedimentale.
L’apparato sanzionatorio, in virtù della legge delega n. 696 del 1992, è stato riformato (D. Lgs 472/1997), introducendo un sistema sanzionatorio di tipo personalistico (o penalistico) in luogo del previgente sistema risarcitorio. Con tale intervento, è stata attribuita alle sanzioni tributarie la finalità punitiva tipica dell’istituto sanzionatorio, con funzione preventiva e al contempo repressiva dell’illecito. Corollario della svolta in senso afflittivo delle sanzioni amministrative ad opera della legge generale in materia di sanzioni, è stata l’estensione all’ambito tributario di una serie di garanzie e di norme previste in materia penale, che ha portato a compimento la “penalizzazione” del sistema sanzionatorio tributario mediante l’introduzione di principi di matrice penalistica, quali il favor rei e il principio di stretta legalità.
Tra gli effetti della nuova concezione penalistica, assume primario rilievo la “personalizzazione” delle sanzioni amministrative tributarie, già valorizzata in via generale dalla Legge n. 689/1981 in tema di illecito amministrativo, con il conseguente passaggio da una responsabilità di tipo “oggettivo” (automatismo tra violazione e sanzione) ad una responsabilità di tipo “soggettivo”.
Posto quanto precede, il principio di colpevolezza è espresso dall’art. 5 del D. Lgs 472/1997, che recita: “Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.” Questo è il principio cardine della responsabilità.
L’applicazione di tale principio deve condurre a considerare non punibili, tutte quelle fattispecie in cui si è in presenza di violazioni incosicienti e involontarie. Diversamente ragionando, saremmo di fronte ad una responsabilità di tipo oggettivo, che il legislatore ha voluto escludere, proprio con la riforma operata in virtù della legge delega n. 696 del 1992.