La Corte di Cassazione con ordinanza n. 11432 del 2019 ha ricordato che nel processo tributario, a seguito dell’abrogazione dell’
art. 7, comma 3 del DLgs n. 546/92 e in applicazione dell’
art. 58, comma 1 del medesimo decreto,
al giudice di appello non è più consentito ordinare il deposito di documenti, dovendo, invece, essergli riconosciuto il potere di ordinarne l’esibizione, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., entro gli stessi limiti consentiti al giudice di primo grado, ossia quando è impossibile acquisire altrimenti la prova, come nel caso in cui una parte non possa conseguire i documenti in possesso dell’altra, ovvero in situazioni di oggettiva incertezza, al fine di integrare gli elementi istruttori in atti.
Non può invece essere ordinata d’ufficio l’esibizione di documenti di una parte o di un terzo quando l’interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa. Ciò richiamando la pronuncia della Corte Costituzionale n. 109/2007 in cui delineava che il presupposto necessario per l’applicazione dell’art. 210 c.p.c. è l’istanza di parte, mentre per l’applicazione
dell’art. 213 c.p.c. è necessario che il destinatario dell’ordine sia una Pubblica Amministrazione estranea al giudizio. Pertanto, sulla base di queste considerazioni, la Suprema Corte riconosce
il divieto per il giudice tributario di disporre l’ordine di esibizione ex art. 213 c.p.c., emesso al fine di richiedere all’Ufficio di integrare, tramite la Guardia di Finanza, la documentazione solo menzionata nei processi verbali agli atti del processo. La Guardia di Finanza, infatti, "
non deve essere qualificata come Amministrazione terza, in quanto agisce ha agito su diretta richiesta dell’Amministrazione fiscale, di tal che è evidente che non può parlarsi di autonomo soggetto terzo ma solo di delegato all’esecuzione dell’ordine, che risulta essere sempre la parte pubblica in causa".
cass.11432.19esibizione213cpc.doc