CTP UMBRIA - deducibilità del reddito dell'impresa legittima esclusione per l'associante -
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO

CTP UMBRIA - deducibilità del reddito dell'impresa legittima esclusione per l'associante -

15 LUG 2010
Deducibilità del reddito dell'impresa legittima esclusione per l'associante ITALIA OGGI 15.07.2010 Valerio stroppa È legittima la norma, operante dal 2004, che esclude per l'associante la deducibilità della quota di reddito corrisposta dall'impresa all'associato che apporta anche capitale. La previsione, recata dall'articolo 109, comma 9, lettera b) del Tuir, come modificato dal dlgs n. 344/2003, risponde infatti alla duplice esigenza di armonizzare la tassazione dei redditi di capitale e di evitare forme di elusione, «con uno strumento tutto sommato sensato e costituzionalmente compatibile». Così si è espressa la Ctr Umbria con la sentenza n. 40/03/2010, che ha respinto l'appello di un contribuente, già soccombente in primo grado, contro il rifiuto dell'Ufficio a un rimborso Irpef relativo alla propria impresa individuale con associata in partecipazione di lavoro e capitali la moglie. Il contribuente, titolare di una farmacia, chiedeva la restituzione dell'Irpef e delle addizionali pagate nel 2004, anno a partire dal quale trova applicazione la riforma tributaria: alla base del ricorso c'era il fatto che tale disposizione fosse «iniqua e discriminante rispetto alle forme di associazione in partecipazione con apporto di sole opere e servizi», per le quali è invece prevista per l'associante la deducibilità. La Ctp di Terni, con la sentenza n. 142/03/2007, aveva già respinto il gravame, affermando la perfetta legittimità del nuovo articolo 109, comma 9, lettera b) del Tuir, nonché l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla parte. Analoga l'interpretazione dei giudici della Ctr umbra, secondo i quali il dlgs n. 344/2003, in vigore dal 1° gennaio 2004, ha prodotto una serie di rilevanti effetti sui contratti di associazione in partecipazione. Per l'associante, infatti, a differenza che in passato, le partecipazioni agli utili spettanti all'associato (laddove gli apporti di quest'ultimo siano di capitale o «misti») non sono deducibili dal reddito dell'associante, come nel caso dell'appellante in questione. In capo all'associato, invece, gli utili percepiti a seguito dell'apporto di capitale o misto sono tassati come se fossero proventi da partecipazioni in società, cioè dividendi. Viceversa, sono rimasti estranei alla riforma fiscale i contratti di associazione in partecipazione con apporto del solo lavoro, per i quali continua ad applicarsi la vecchia disciplina. La Ctr ritiene che l'indeducibilità degli utili all'associato che fornisce anche (o solo) capitale «va inquadrata nella volontà del legislatore delegante di armonizzare la disciplina della determinazione del reddito d'impresa con le norme contenute nella disciplina dell'Ires» e contemporaneamente «di inserire anche la disciplina della tassazione di questo tipo di redditi in una categoria unitaria che comprenda tutti i redditi di natura finanziaria». Poiché l'apporto del capitale in una associazione in partecipazione è equiparabile a un conferimento di capitali, e quindi la relativa remunerazione può essere assimilata a un dividendo, la indeducibilità che ne consegue è legittima. Pertanto la commissione rigetta le ragioni del contribuente e conferma la sentenza appellata, avallando il silenzio-rifiuto delle Entrate di Terni al rimborso Irpef.
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