COME TRASFERIRE LA RESIDENZA DALL’ITALIA
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
COME TRASFERIRE LA RESIDENZA DALL’ITALIA

COME TRASFERIRE LA RESIDENZA DALL’ITALIA

25 LUG 2015
La stampa ci informa che sempre di più gli italiani si trasferiscono all’estero e ciò, è certamente conseguenza del pesante regime fiscale gravante sugli cittadini residenti.
Invero la perdita dello status di residente non è così facile da dimostrare risultando legata ad elementi formali (cancellazione AIRE) ed elementi sostanziali  (effettività del trasferimento).
L’amministrazione finanziaria con la risoluzione del Ministero delle Finanze del 14 ottobre 1988, n. 811329 e la circolare n. 304/E del 1997, ha fornito istruzioni agli uffici dirette ad individuare il concetto di residenza (fiscale), indipendentemente dalla presenza fisica in Italia ed indipendentemente dal fatto che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, affermando che sono indici significativi (della residenza fiscale in Italia):
  1. la disponibilità di una abitazione permanente;
  2. la presenza della famiglia;
  3. l’accreditamento di propri proventi ovunque conseguiti;
  4. il possesso di beni anche mobiliari;
  5. la partecipazione a riunioni d’affari;
  6. la titolarità di cariche sociali;
  7. il sostenimento di spese alberghiere;
  8. l’iscrizione a circoli o clubs;
  9. l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano.
Ricordiamo infatti che il concetto di residenza (italiano) attrae tutti i redditi, ovunque prodotti, assoggettandoli a tassazione in Italia e che un soggetto per essere considerato fiscalmente residente all’estero, deve essere per la maggior parte del periodo d’imposta non iscritto nell’anagrafe della popolazione residente e, allo stesso tempo, non domiciliato né residente nel territorio dello Stato.
Qualora poi, il cittadino italiano dovesse essere fiscalmente residente all’estero, sarebbero imponibili in Italia solo i redditi ivi prodotti.
Ma quali sono i requisiti necessari per essere considerati residenti all’estero?
Il primo requisito definito formale è quello della cancellazione dall’AIRE.
Tutti i cittadini italiani, ovunque siano nati, che risiedono fuori dal territorio nazionale per più di un anno devono richiedere al proprio Comune la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente (se residenti in precedenza in Italia) e conseguentemente il trasferimento nell’anagrafe dei residenti all’estero (AIRE) del Comune italiano di origine o di ultima residenza prima dell’espatrio, entro tre mesi dall’arrivo nel paese estero (ai sensi della legge n. 470/88).
Sono previste eccezioni nei casi di trasferimento temporaneo, di durata non superiore l’anno, o per i dipendenti dello Stato inviati all’estero per motivi di servizio.
Il requisito della cancellazione dall’AIRE è necessario ma non di certo sufficiente a dimostrare la residenza estera, sicché occorre ulteriormente dimostrare alle autorità fiscali italiano anche che vi sia stato un effettivo trasferimento della sede principale degli affari e interessi e della dimora abituale nello Stato estero.
Secondo la Commissione finanze, (risoluzione del 13 febbraio 2001, n. 8-00075), la residenza fiscale all’estero dovrebbe presumersi per i dipendenti iscritti all’AIRE che prestino la loro attività all’estero per almeno un intero anno fiscale e siano ivi assoggettati ad imposta, ma anche ciò potrebbe dimostrarsi non sufficiente per dimostrare al fisco la residenza estera (si veda il commento alla sentenza https://www.dominiciassociati.com/it/salvi-i-soggetti-che-hanno-trasferito-la-residenza-in-paesi-a-fiscalita-privilegiata-se-vi-lavorano.php),con la conseguenza di dover ritassare in Italia quanto tassato all’estero.  
Invero, le Convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore tra gli Stati ed in particolare alle cosiddette “tie-break rules” previste nell’ambito dell’art. 4 dell’accordo convenzionale OCSE, individuano gli indicatori utili al fine di stabilire se un soggetto sia fiscalmente residente in uno Stato piuttosto che in un altro, sicché quando esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni, tra i due Paesi, si ricorre all’applicazione del paragrafo 2, art. 4 dell’accordo convenzionale OCSE, il quale prevede che, quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati, la stessa è considerata residente dello Stato nel quale ha un’abitazione permanente.
Se, ancora, essa dispone di un’abitazione permanente in ciascuno degli Stati, è considerata residente dello Stato nel quale essa ha il suo “centro degli interessi vitali”; nella misura in cui, poi, detta persona fisica non avesse (o non fosse possibile determinare) in nessuno dei due Stati né il “centro degli interessi vitali” né un’abitazione permanente, sarà considerata residente dello Stato in cui “soggiorna abitualmente”; se dovesse soggiornare abitualmente in entrambi gli Stati oppure non soggiornare abitualmente in alcuno di essi, essa sarà considerata residente dello Stato del quale ha la “nazionalità”; se, infine, la stessa ha la nazionalità di entrambi gli Stati o se non ha la nazionalità in alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati chiamati in causa risolveranno la questione a mezzo di un istituto denominato “procedura amichevole” ex art. 25 del Modello OCSE.
Se, invece, non esiste una Convezione contro le doppie imposizioni tra i due Paesi, il problema della doppia residenza si risolve indagando sul luogo dove sussistono in prevalenza i cosiddetti “legami personali” (presenza fisica della persona e dei familiari, disponibilità di un’abitazione, luogo in cui i figli frequentano la scuola, luogo di esercizio dell’attività professionale, ecc.).
Tali nozioni appaiono ancor più utili in virtù del sempre più ampio scambio di informazioni tra gli stati (residenza effettiva) ed in funzione del fatto che i cittadini italiani che trasferiscono la loro residenza all’estero devono comunicarlo all’Ufficio anagrafe del proprio Comune oppure, all’Ufficio consolare della circoscrizione di immigrazione entro 90 giorni dalla immigrazione e detto Ufficio trasmette, entro 180 giorni, copia della dichiarazione resa dal contribuente al Ministero dell’Interno italiano che poi provvede a informare il Comune italiano nelle cui liste della popolazione residente il contribuente era iscritto prima del trasferimento (residenza formale).
Entro sei mesi da ogni richiesta d’iscrizione all’AIRE, il Comune deve confermare all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per l’ultimo domicilio fiscale che il contribuente ha effettivamente cessato la residenza in Italia e per i successivi tre anni, il Comune deve vigilare sulla persistenza della cessazione della residenza in Italia.
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