COME DIFENDERSI DAL RADDOPPIO DEI TERMINI PER VIOLAZIONI PENALI
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO

COME DIFENDERSI DAL RADDOPPIO DEI TERMINI PER VIOLAZIONI PENALI

03 SET 2019
Il 02 settembre 2015 entrava in vigore la riforma degli artt. 43 del d.P.R 600/73 e 57 del d.P.R 633/72, circa l'obbligo di denuncia per reati tributari, i cui termini erano raddoppiati per l’anno d'imposta in cui l’illecito era stato commesso. 
Detti articoli venivano modificati dall'art. 2 commi 1 e 2 del Dlgs. 128/2015 prevedendo che “il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti”, facendo però salvi gli effetti, (al successivo comma 3 dello stesso art. 2 del D. Lgs. 128/2015), degli atti notificati alla data di entrata in vigore del decreto (la predetta data del 2 settembre 2015).
Il raddoppio dei termini veniva definitivamente abrogato con l'art. 1 commi 130, 131 e 132 della L. 208/2015 (e subito qualcuno tentava di ripristinarlo) generando non pochi dubbi interpretativi tra gli operatori.
Tali dubbi sono stati infatti alimentati dalla diversità interpretativa fornita dalla giurisprudenza di merito, rispetto a quella di legittimità, (e pensare che quei Giudici hanno studiato sugli stessi libri e dovrebbero aver assimilato gli stessi principi).
Tali differenze interpretative sono così riassumibili:
  • per la giurisprudenza di merito l’atto è nullo ogniqualvolta in cui la denuncia penale sia stata presentata a termini tributari ormai decaduti ed anche nel caso in cui l’atto sia stato notificato prima del 2 settembre 2015 (cfr. C.T.R. Roma n.20399/41/16, C.T.P. Reggio Emilia n. 90/2/16 e C.T.R. Milano n. 386/5/16);
  • per la Corte di Cassazione la disciplina transitoria, (quella cioè che faceva salvi gli effetti degli atti notificati alla data di entrata in vigore del decreto), esplicherebbe invece i suoi effetti anche dopo la L.208/2015 (cfr. Cassazione nn. 16728/2016 e 26037/2016).
Invero, la giurisprudenza di merito ha pure stabilito che l’Ufficio deve indicare in motivazione i presupposti per cui si ritiene operante il raddoppio dei termini per l'accertamento ed allegare all’avviso di accertamento una  copia della presentazione della denuncia penale, (cfr. C.T. P. Milano n. 231/40/11, C.T.P. Brescia n. 40/16/12, C.T.P. Lecco n. 74/1/12 e C.T.R. Bari n. 68/8/13).
La Corte di Cassazione invece ha dato rilievo giuridico al solo obbligo di presentazione della denuncia penale, ritenendo insussistente sia l’obbligo di allegazione (Cass. n. 31639/2018) che l'obbligo di motivazione (Cass. n. 4205/2019), con buona pace delle indicazioni della Corte Costituzionale, che lo ricordiamo, al fine di evitare un uso arbitrario e strumentale della denuncia penale, con la sentenza n.247/2011  aveva attribuito al Giudice tributario la c.d. prognosi postuma e cioè l'obbligo di verificare “la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione ora per allora circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento a compiere”.
Tutti Giudici che interpretano la legge in maniera diversa, pur avendo studiato sugli stessi libri. 
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