L’esenzione dall’Iva si applica alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona e volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute, ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psicofisica, a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica. Il nuovo articolo 4-ter introdotto dalla legge di conversione al Dl 145/2023 (che attende oggi il via libera definitivo della Camera dopo aver ricevuto ieri la fiducia) risolve alla radice la questione dell’esenzione per le prestazioni mediche di chirurgia estetica, vincolandola alla attestazione (medica) della finalità terapeutica e superando così, con una norma espressa di rango primario, le questioni interpretative sollevate da taluni uffici periferici dell’agenzia delle Entrate, in relazione alla distinzione tra interventi con finalità curativo-terapeutica piuttosto che «puramente cosmetici», ispirati dalla giurisprudenza comunitaria (Corte Ue del 21 marzo 2013, causa C-91/12). Il secondo comma della disposizione provvede poi a “stabilizzare” i periodi pregressi: «resta fermo il trattamento fiscale applicato ai fini dell’Iva alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica effettuate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», lasciando però in un limbo il contenzioso in essere. A questo punto occorre comprendere come questa disposizione possa influenzare i processi in corso, ad esempio in quali casi si potrà ancora produrre in giudizio (anche eventualmente in appello) l’attestazione medica della finalità terapeutica prescritta dalla nuova disposizione e quale sarà l’orientamento dell’amministrazione finanziaria in funzione della nuova disposizione e delle probabili richieste di annullamento in via di autotutela di atti già emessi. Resta che, anche ai sensi dell’articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992, nel processo tributario e con l’eccezione dei giudizi di rimborso, l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa spetta sempre alla amministrazione finanziaria ed è quindi l’Agenzia a dover provare in giudizio i fatti costitutivi del proprio diritto. Alla luce della novella, l’esenzione deriva da apposita disposizione normativa, sicché spetterà alla amministrazione finanziaria, dimostrare l’insussistenza delle condizioni per usufruire del regime di esenzione e cioè dimostrare che le prestazioni mediche oggetto di contestazione non abbiano una finalità curativo-terapeutica.