Sempre più spesso mi viene chiesto se è lecito accollarsi il debito d'imposta o meglio se sono legittime quelle operazioni poste in essere da società specializzate che intermediano i debitori ed i creditori di imposta.
Cominciamo con l'affermare che l’istutito dell’accollo del debito tributario è previsto dall' art. 8, comma 2 Legge 212/2000 (Statuto del contribuente) ed il vantaggio risiede nella possibilità di monetizzare in tempi brevi i crediti d'imposta e quindi accelerare la possibilità di incasso degli stessi.
Vi è però da evidenziare che nell’accollo dei debiti fiscali, diversamente da quanto stabilito dall’art. 1273 del Codice Civile, non vi è mai la liberazione del debitore principale, seppure il contratto abbia disposto in tal senso, con il conseguente rischio di rimanere obbligati in solido con l'accollante, anche laddove il pagamento del “corrispettivo” sia subordinato al ricevimento della quietanza di pagamento con mod. F24 a mezzo compensazione.
Inoltre in mancanza di una prassi ammnistrativa, l’operazione potrebbe essere contestata dall’Amministrazione finanziaria con il famelico abuso del diritto.
Quindi riassumendo l'operazione è lecita ma pericolosa e di fatto corrisponde all'operazione inversa, rispetto alla “vendita” del credito d’imposta, che tanti dubbi ha in passato generato.
In pratica, il debito tributario viene pagato da una terza società, definita accollante, tramite propri crediti fiscali, con il codice «62» nel modello F24, e quando l’accollato vede sul proprio cassetto fiscale l’estinzione del debito paga all’accollante una parte del valore nominale del debito compensato (generalmente pari l'80%).
Il contratto di accollo è registrato presso l’agenzia delle Entrate e la compensazione, se del caso, avviene previa apposizione del visto di conformità in dichiarazione da parte di un professionista abilitato.
Occorre però evidenziare che il disegno di legge di bilancio 2018 ha previsto un controllo preventivo delle compensazioni effettuate nel modello F24: “l’Agenzia delle entrate può sospendere, fino a trenta giorni, l’esecuzione delle deleghe di pagamento di cui agli artt. 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, contenenti compensazioni che presentano profili di rischio, al fine del controllo dell’utilizzo del credito. Se all’esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della delega di pagamento, la delega è eseguita e le compensazioni e i versamenti in essa contenuti sono considerati effettuati alla data stessa della loro effettuazione; diversamente la delega di pagamento non è eseguita e i versamenti e le compensazioni si considerarono non effettuati. In tal caso la struttura di gestione dei versamenti unificati di cui all’art. 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 non contabilizza i versamenti e le compensazioni indicate nella delega di pagamento e non effettua le relative regolazioni contabili. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma”.
In sostanza il pagamento delle imposte mediante compensazione sarà oggetto di analisi al fine dell’eventuale blocco qualora riguardi le seguenti fattispecie: