AVVOCATO SENZA IRAP SE CON UN UNICO COLLABORATORE
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
AVVOCATO SENZA IRAP SE CON UN UNICO COLLABORATORE

AVVOCATO SENZA IRAP SE CON UN UNICO COLLABORATORE

11 MAG 2016
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9451, del 10.05.2016 si sono finalmente espresse sulla rilevanza dell’impiego di personale al fine di configurare la sussistenza di un’autonoma organizzazione e cioè ai fini della imponibilità Irap dei soggetti che impiegano un collaboratore esplicitando che non è idonea a configurare un’attività autonomamente organizzata la circostanza di “avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o (...) generico”. 
La pronuncia ha riguardato un avvocato che, negli anni oggetto di controversia tributaria, impiegava  un solo dipendente "segretario".

STRALCIO DELLA SENTENZA
... con riguardo al requisito dell'autonoma organizzazione nel presupposto dell'IRAP, condividono i principi e, più complessivamente, l'impianto ricostruttivo fornito allora con la sentenza capofila dell'orientamento maturato nel 2007 nella sezione tributaria, della quale si è dato conto supra, e tuttavia ritengono che essi meritino, più che una rivalutazione, delle precisazioni concernenti il fattore lavoro.
Se fra "gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell'interessato, potenziandone le possibilità necessarie", accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi "personali" di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell'attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è ilproprium della specifica (professionalità espressa nella) "attività diretta allo scambio di beni o di servizi", di cui fa discorso l'art. 2 del DLgs. n. 446 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l'esercente l'arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure "di confine" individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte. È infatti in tali casi che può parlarsi, per usare l'espressione del giudice delle leggi, di "valore aggiunto" o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di "quel qualcosa in più".
Diversa incidenza assume perciò l'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell'espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all'attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.
Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali -"eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione" - non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all'impiego di un collaboratore.
Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: "con riguardo al presupposto dell'IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione - previsto dall'art. 2 del DLgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".
Il ricorso dell'Agenzia delle entrate deve essere rigettato.
Le spese del giudizio vanno compensate fra le parti, in considerazione del carattere controverso della questione in sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, a sezioni unite, rigetta il ricorso.
Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.


 
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