La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24307/17, ha stabilito che incorre nel reato di emissione di fatture soggettivamente inesistenti l’amministratore che svolge in proprio un prestazione e poi la fa fatturare alla società la cui attività è del tutto estranea alla prestazione eseguita. A nulla rileva l’esistenza di un contratto che coinvolge la società.
La questione riguardava una cessione di quote societarie da un’impresa italiana ad una estera ed il pagamento delle commissioni di intermediazione ad una srl svolgente l'attività di commercializzazione di materiali di cancelleria invece che dal suo amministratore vero intermediario.
L’agenzia delle Entrate, contestava la attura ritenuta soggettivamente inesistente, ritenendo che l’operazione fosse stata svolta dall’amministratore della società a titolo personale ma fatturata dalla società.
La Cassazione con la sentenza in commento chiariva che il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa.
Ciò si verifica anche quando, da un lato, i beni o i servizi siano effettivamente entrati nella sfera giuridico-patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura e dall’altro sussista l’elemento della simulazione soggettiva, ossia la rappresentazione documentale della provenienza della prestazione da un soggetto giuridico differente da quello indicato nel documento fiscale.
Insomma a parere della Suprema Corte, le operazioni soggettivamente inesistenti devono ritenersi configurabili allorquando la fattura rechi l’indicazione di un soggetto erogatore della prestazione diverso da quello effettivo.
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