La
Corte di Cassazione con l’
Ordinanza n. 8981 del 06.04.2017 ha stabilito che le sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche costituiscono per
presunzione assoluta di legge,
spese di pubblicità sino all’importo di euro 200.000 annui, dovendosi ritenere legalmente verificati i requisiti dell’
inerenza quantitativa e
qualitativa.
La Cassazione ha così dipanato ogni residuo dubbio sulla sindacabilità della congruenza delle predette spese di sponsorizzazione, sindacabilità foriera delle contestazioni sulla antieconomicità, (irragionevole sproporzione tra l’entità delle spese di sponsorizzazione e il fatturato o utile dello sponsor), stabilendo che la disposizione normativa contenuta nell’art. 90, comma 8 della L. 289/2002
è una presunzione assoluta di legge, indicativa della natura di spesa pubblicitaria e inerente fino alla soglia di euro 200.000 annui, normativamente prefissata.
Come noto la deducibilità delle spese di sponsorizzazione risultava subordinata alla dimostrazione della loro
congruità rispetto all’attività caratteristica ed al volume d’affari del contribuente, oltre che alla virtuale idoneità delle stesse rispetto le
prospettive di
crescita dell’impresa utilizzatrice.
L’art. 90 comma 8 della L. 289/2002, aveva però introdotto la citata presunzione, in base alla quale le fatture di sponsorizzazioni ricevute dalle
ASD, nel rispetto dei requisiti prescritti,
devono essere sempre considerate spese di
pubblicità dirette alla promozione dell’immagine dell’azienda o dei prodotti commercializzati.
La questione risulta pacificamente riconosciuta anche dalla prassi dell’amministrazione finanziaria (
risoluzione n. 57/2010) che già da tempo ed in più occasioni (
par. 8 della circolare 21/2003), aveva avuto modo di precisare che le predette spese, nei limiti dell’importo di euro 200.000,00, sono comunque considerate spese di pubblicità
ex art. 108, comma 2 del TUIR e pertanto sono
integralmente deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi.
Insomma, ci voleva una Ordinanza della Cassazione per confermare l’ovvio del diritto e cioè che in presenza di spese di sponsorizzazioni fatturate da una ASD, opera la presunzione assoluta di legge, secondo la quale
tali spese devono essere qualificate come spese di pubblicità, comunque congrue sino al valore di euro 200.000,00 per ogni anno, purché dirette a promuovere l’immagine ed i prodotti dell’azienda.
Da lato dell’associazione occorre che quest’ultima abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, (es. uniformi, emblemi, striscioni o cartelloni sul campo di gioco), come già precisato dalla Suprema Corte di
Cassazione nella sentenza n. 5720/2016.
Forse ed ancora una volta devono essere i Supremi Giudici a far comprendere che la promozione dell'attività sportiva è funzione sociale utile agli uomini e soprattutto ai giovani e non fonte di irragionevole contenzioso tributario dove reperire risorse finanziarie per pagare i costi spoporzionati (è li che esite l'antieconomicità) della politica.
ordinanza-8981-sponsorizzaioni.pdf