AMMINISTRATORI CON DOPPI CONTRIBUTI
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO

AMMINISTRATORI CON DOPPI CONTRIBUTI

27 GEN 2012
Il socio di una Srl commerciale che lavora nella società e riveste anche la carica di amministratore deve pagare, per la prima attività, i contributi alla gestione commercianti Inps e, per la seconda, alla Gestione separata dei collaboratori. Non è censurabile dal punto di vista costituzionale il Dl 78/2010 (articolo 12, comma 11) che – con una norma di interpretazione autentica, quindi retroattiva – ha stabilito l'inapplicabilità del principio dell'attività prevalente per decidere qual è il fondo destinatario della contribuzione. La Corte costituzionale, con la sentena 15/2012, ha infatto dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Genova. I giudici distrettuali avevano prospettato, tra l'altro, il contrasto con gli articoli 3 della Costituzione (ragionevolezza della norme) e 117, comma 1 (vincoli alla potestà legislativa dello Stato). La Corte costituzionale ha rigettato tutte le argomentazioni, ripercorrendo le tappe della vicenda, che parte dalla legge 335/2995 – sull'obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps per i lavoratori autonomi e i collaboratori – e dalla legge 662/1996 (articolo 1, comma 208), che ha stabilito l'iscrizione alla gestione degli esercenti attività commerciali secondo il principio dell'attività prevalente. L'Inps ha sempre interpretato le due discipline nel senso che i soci di Srl commerciali, che esercitano anche il compito di amministratori, sono obbligati alla doppia contribuzione. Ne è nato un ricchissimo contenzioso: le Corti di merito avevano dato ragione all'Inps, invece la Cassazione con una sentenza a sezioni unite (3240/2010) aveva ridato speranza ai soci lavoratori e amministratori. A quel punto è intervenuto il decreto legge 78, secondo il quale il principio della prevalenza per definire la gestione destinataria della contribuzione si applica solo per le attività autonome esercitate in forma d'impresa da commercianti, artigiani e coltivatori diretti. Sono esclusi i rapporti di lavoro che richiedono l'iscrizione alla gestione separata. Per la Corte costituzionale la norma di interpretazione autentica non viola l'articolo 3 perché il legislatore non ha aggiunto elementi estranei alla legge originaria, ma ha semplicemente esplicitato un significato già presente. La prova sta nelle numerose sentenze dei tribunali. Il Dl 98 non confligge neppure con l'articolo 24 della Costituzione: il richiamo, in questo caso, non è pertinente, in quanto non sono in gioco diritti processuali. Non c'è lesione neppure dell'articolo 111, perché il decreto legge non interferisce con la funzione giudiziaria, ma consiste in una disciplina generale e astratta di interpretazione di un'altra norma. Infine, la contestazione in relazione all'articolo 117: c'è – secondo i giudici – uno spazio, delimitato, per un intervento dello Stato con efficacia retroattiva, se «giustificato da motivi imperativi di interesse generale», valutabile dai giudici. Che l'interesse generale perseguito dal legislatore – il fare emergere un significato presente nel testo originario – ha ricadute economiche – vale a dire un maggior gettito per l'Inps – è solo una conseguenza, che non inficia l'operato del legislatore.

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