La
commissione tributaria regionale della
Calabria, con la
sentenza 835/20, ha respinto l’appello dell’amministrazione finanziaria, dopo in rinvio dalla Suprema Corte, relativamente ad un
accertamento bancario subito da un odontoiatra, perchè l'amministrazione finanziaria non aveva esibito al contribuente l’autorizzazione rilasciata dalla competente Agenzia regionale.
Secondo i giudici calabresi, tale carenza ha minato l'accertamento rendendolo illegittimo, perchè secondo la sentenza della Consulta n. 228/14, il professionista è da ritenersi soggetto diverso rispetto all'imprenditore.
L'inprenditore potrebbe infatti prelevare in contanti per effettuare gli acquisti dei prodotti "in nero", fattispecie che non risulta applicabile ai professionisti che non acquistano beni per destinarli alla rivendita ma che vendono la loro conoscenza.
Segnatamente e secondo i giudici della regionale l'illegittimità deriva dal fatto che l'amministrazione finanziaria
non avrebbe potuto avvalersi delle presunzioni utilizzate, ma avrebbe dovuto
dimostrare che i prelevamenti non giustificati sono stati destinati all'acquisto di beni correlati alla produzione del reddito professionale.
La sentenza è veramente interessante perchè, a quanto ci consta, è la prima volta che l'assenza dell'autorizzazione gerarchica trova accoglimento nell'ambito del giudizio tributario e perchè a nostro giudizio, la sentenza della Corte Costituzionale che ha rilevato le differenze tra imprenditore e professionista, ha di fatto modificato l'onere probatorio relativo ai soli prelevamenti, trasferendolo dal professionista all'Ufficio accertatore.
A mio parere si può cominciare a parlare di un primo riequilibrio delle armi tra difesa ed accusa, nell'accertamento bancario.
nullo-laccertamento-bancario-al-dentista.pdf