Le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale anche nei confronti dei privati, lo ha affermato la Corte di Cassazione, nella sentenzan. 2432depositata il 31.01.2017, ove ha stabilito che le indagini finanziarie possono essere eseguite nei confronti di tutte le persone fisiche, ivi comprese quelle non titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, limitatamente ai soli versamenti. Secondo la Corte, infatti, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32 comma 1 n. 2 del DPR 600/73, non è destinata ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si può evincere dalla lettura del combinato disposto dell’art. 32 e 38 del d.P.R.600/73, (accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche).
La predetta presunzione deriva infatti dalla prima e dalla seconda parte del n. 2) del primo comma del citato art. 32, laddove il legislatore ha stabilito che i “dati ed elementi” attinenti ai rapporti bancari, possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38 e seguenti del predetto decreto.
Sul punto precisiamo che la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata esclusivamente nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili, poiché tale disposizione non risulta più applicabile ai lavoratori autonomi, in relazione ai prelevamenti, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/20014, recentemente recepita dal legislatore ex art. 7-quater, comma 1, lett. a) del DL 193/2016). Secondo i Giudici di legittimità il riferimento ai “ricavi” ed alle “scritture contabili” non può impedire all’Ufficio di presumere che i versamenti operati sui propri conti correnti costituiscano maggior reddito, dovendosi ritenere tale attività sia pienamente consentita dalla norma e assolutamente ragionevole.
Nel caso di specie l’amministrazione finanziaria aveva imputato al contribuente, a cui era stato contestato un ingente versamento in contanti, un reddito diverso derivante da attività di lavoro autonomo priva del requisito della abitualità ex art. 67, comma 1, lettera l) del TUIR, onde per cui sarebbe stato onere del contribuente dimostrare di averne tenuto conto nella propria dichiarazione dei redditi, oppure di fornire la dimostrazione dell’esenzione da imponibilità del predetto versamento.