Con una recente sentenza, il Tribunale di Locri ha affermato un principio di grande rilievo pratico in materia di sovraindebitamento del professionista: il professionista, in quanto soggetto non imprenditore, può accedere al concordato minore senza dover rispettare i requisiti dimensionali previsti dall’art. 77 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), potendo proporre un piano di ristrutturazione basato sui redditi futuri derivanti dalla propria attività professionale. In altri termini, anche l’avvocato, il commercialista o qualsiasi lavoratore autonomo che versi in una situazione di grave indebitamento può utilizzare lo strumento del concordato minore, offrendo ai creditori il pagamento, anche parziale, attraverso i flussi di reddito che continuerà a produrre nel tempo. Il Tribunale ha inoltre precisato che, nella valutazione della fattibilità del piano, deve sempre essere garantito al debitore e al suo nucleo familiare un minimo vitale, cioè una quota di reddito necessaria per assicurare una vita dignitosa. Questo principio discende direttamente dai valori costituzionali di tutela della persona e del diritto all’esistenza. Un ulteriore profilo di interesse riguarda la possibilità di omologare il concordato anche in caso di dissenso dell’Agenzia delle Entrate o degli enti previdenziali (cosiddetto cram down fiscale e previdenziale). Il giudice può infatti approvare la proposta qualora risulti più conveniente per l’erario rispetto alla liquidazione controllata, come prevede l’art. 80, comma 3, CCII.