CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO

AFFITTO D'AZIENDA, IN BILICO L'INERENZA DEI COSTI SOSTENUTI SULL'IMMOBILE

SOLE 24 ORE DEL 01 SETT 2025
Secondo il più recente orientamento della Corte di legittimità l’inerenza non implica la sussistenza di un rapporto causale fra costo e ricavo, ma esprime la mera riferibilità, anche in via indiretta o in proiezione futura, del costo all’attività d’impresa nel suo complesso (Cass. ord. 2 apr. 2025, n. 8700 e n. 8704; ord. 3 apr. 2025, n. 8801; ord. 4 apr. 2025, n. 8922; ord. 7 apr. 2025, n. 9132, n. 9159 e n. 9160; ord. 12 apr. 2025, n. 9568 e n. 9569).
L’inerenza, essendo correlata alla nozione di reddito d’impresa, deve essere intesa come riferibilità del costo sostenuto, non ai ricavi, bensì all’attività d’impresa complessivamente considerata, sicché va rivisto quell’orientamento di prassi che qualifica un costo inerente solo se si riferisce ad un’attività da cui derivano ricavi o altri proventi positivi di reddito, essendo tale regola di correlazione fra costi deducibili e ricavi imponibili codificata dall’art. 109, comma 5, del TUIR, ai fini del diverso e successivo tema dell’imputazione temporale dei costi. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Molise sezione terza, con la sentenza n. 52/2025, depositata il 07.03.20225 (Pres. Liberatore A. e Relatore Cioffi G.), ha riformato la sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto inerenti i costi sostenuti dall’affittuario, sulla base dei richiami contenuti nel contratto di affitto d’azienda. Il collegio, nell’accogliere le doglianze dell’ufficio appellante, richiamava un datato orientamento di legittimità (sent. n. 23698/2018), secondo il quale, i costi non possono ritenersi legittimi e congrui solo per il fatto di essere stati pattuiti nel contratto di affitto d’azienda, poiché in tal modo, “si attribuirebbe erroneamente all’autonomia negoziale delle parti la capacità di derogare alle norme imperative previste in ambito fiscale, …”. Inoltre, secondo i giudici di appello, la sentenza non si era conformata all’orientamento, secondo il quale “i ricavi, i costi … sono imputabili nell’esercizio di competenza in cui si è formato il titolo giuridico che ne costituisce la fonte, purché l’esistenza o l’ammontare degli stessi sia determinabile in modo oggettivo, circostanze, queste ultime, che rientrano, per i componenti positivi, nell’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria e, per quelli negativi, in quello del contribuente”(Cass. sez. 5, n. 28671 del 09/11/2018). Sul punto occorre osservare che, se è vero che la Cassazione è ancor oggi irremovibile nel ritenere che l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravi sul contribuente, è altrettanto vero che assecondando tale approccio, si ottiene il risultato, non voluto dal legislatore, di sgravare l’Amministrazione finanziaria dall’obbligo, su di lei gravante, di provare in giudizio i fatti contestati, ex art. 7 comma 5 bis del D.lgs. 546/92.
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