NON ESISTE ABUSO DEL DIRITTO SE VI SONO VALIDE RAGIONI EXTRAFISCALI (AZIENDALI)
CONSULENZA TRIBUTARIA, SOCIETARIA E DEL LAVORO
NON ESISTE ABUSO DEL DIRITTO SE VI SONO VALIDE RAGIONI EXTRAFISCALI (AZIENDALI)

NON ESISTE ABUSO DEL DIRITTO SE VI SONO VALIDE RAGIONI EXTRAFISCALI (AZIENDALI)

16 MAG 2017
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11855 del 12.05.2017, ha stabilito che non costituisce condotta elusiva, l’affidamento da parte di una società di alcuni servizi aziendali ad un’altra società con la quale condivide parzialmente la medesima compagine sociale.
Corre infatti l’obbligo di ricordare che secondo l’attuale l’orientamento giurisprudenziale, costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante e assorbente lo scopo di eludere il fisco, a cui si contrappone l’esimente delle valide ragioni extra fiscali. Tale esimente e cioè le valide ragioni extra fiscali, derivano dalla modifica recepita con il Decreto Legislativo 128/2015, che ha sostituito il concetto di valide ragioni economiche con la  più ampia nozione di valide ragioni extrafiscali.
Attraverso tale modifica normativa, il legislatore ha così voluto dare rilievo anche alle altre esigenze aziendali, magari di natura meramente organizzativa e comunque volte ad un miglioramento strutturale e funzionale dell’attività economica del contribuente.
Insomma se anche le operazioni realizzate non generano una reddittività economica immediata, l’ufficio è comunque tenuto ad analizzare gli altri aspetti che siano monetari o aziendali ma che comunque siano conseguiti mediante le operazioni realizzate, oltre che doverne valutare le ragioni giuridiche sottostanti.
All’uopo giova rammentare che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova del disegno elusivo e delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, qualora l’operazione contestata sia considerata dall’ufficio come irragionevole in una normale logica di mercato e diretta solo ad ottenere un risultato ritenuto abusivo, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino le operazioni effettuate, come già precisato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 9771/2017.
Elemento essenziale della fattispecie di abuso è, dunque, la realizzazione di un vantaggio non voluto dal legislatore, ottenuto attraverso un comportamento, che pur non violando direttamente l’obbligo o il divieto, riesce ad aggirarlo.
La verifica dell’aggiramento non può dunque che avvenire avendo riguardo al contenuto oggettivo degli obblighi e dei divieti, senza fare riferimento a giudizi di carattere discrezionale e ciò perché non è configurabile l’abuso del diritto se non sia prima stato provato dall’ufficio il vantaggio fiscale che sarebbe derivato al contribuente dalla manipolazione degli schemi contrattuali classici. Insomma il carattere abusivo dell’operazione contestata, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, presuppone quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito, come affermato nella sentenza della Suprema Corte del 09.08.2016 n. 16675/2016.
Secondo gli ermellini non può essere considerato antieconomico e quindi abusivo l’affidamento a terzi di talune manutenzioni con la giustificazione che la società accertata avrebbe potuto eseguire in piena autonomia tali prestazioni, perché il fatto che taluni soci facessero parte della medesima compagine sociale non può considerarsi ex se abusivo e perché ciò che rileva è l’inerenza e la strumentalità delle prestazioni contestate, sicché nel caso a giudizio l’ufficio avrebbe omesso quel necessario e prodromico supporto probatorio necessario a supportare siffatta contestazione.

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